Distribuzione e abbondanza della pavoncella Vanellus vanellus (Linnaeus 1758) (Aves) nidificante in aree agricole del Veneto orientale

Attività SVSNZoologiaDistribuzione e abbondanza della pavoncella Vanellus vanellus (Linnaeus 1758) (Aves) nidificante in...

Riassunto

Nelle stagioni riproduttive 2015-2016 sono stati complessivamente effettuati 229 punti di osser-vazione in aree a seminativo comprese nelle province di Venezia, Treviso e Rovigo. Pavoncelle nidificanti sono state osservate nel 21% dei casi nel 2015, nel 26% nel 2016. La densità media (cp./100 ha) è stata di 0,93 (d.s.= + 2,41) nel 2015 e di 1.01 (+ 2,51) nel 2016. Le 54 colonie censite nel biennio nel 37% dei casi erano composte da una sola coppia; la media rilevata è stata di 2,48 coppie (+ 2,28), con un massimo di 14. Il turnover delle colonie nel biennio è risultato elevato, essendo pari a 0.5. Il totale delle coppie stimato per l’intera area di studio è stato di 906-956 coppie, circa il 18% della popolazione attualmente stimata per l’Italia; per l’intero Veneto vengono ora stimate 1.000-1.100 coppie.

Data la grande estensione delle aree a seminativo nel Veneto centro-orientale e la dinamica espan-siva manifestata negli ultimi venti anni dalla pavoncella, alcuni interventi gestionali quali la cre-azione di piccole depressioni umide, la permanenza di incolti ai margini dei campi coltivati e la protezione delle colonie all’inizio della nidificazione potrebbero probabilmente aumentare significativamente le dimensioni e il successo riproduttivo della popolazione nidificante.

Abstract

Number and distribution of Lapwing Vanellus vanellus (Lin-naeus 1758) pairs nesting in arable fields of the central-eastern Veneto region (NE Italy)

In 2015 and 2016, 229 point counts were used to assess size and distribution of the Lapwing popu-lation nesting in arable fields, mostly spring cereals, in a large coastal area. Pairs were observed in 21% (2015) and 26% (2016) of the points; mean density (pairs/100 ha) was estimated at 0.93 (s.d.= +2.41) and 1.01 (+ 2.51), respectively. Fifty-four colonies were observed in the two years; in the 37% of cases, they were made of just a single pair. Mean colony size was 2.48 pairs (+ 2.28), with a maximum of 14 pairs; turnover rate among colonies was high, being 0.5. A total of 906-956 pairs were estimated for the study area, about 18% of the estimated Italian population. The population nesting in the whole Veneto region is now assessed at 1,000 – 1,100 pairs.

In the study area, the Lapwing breeding population has showed over the last twenty years a positive trend; management actions at agricultural areas, such as the creation of small wet depressions along the borders of the arable fields, leaving uncultivated plots and early surveying and protection of colonies are highly needed to maintain and increasing the nesting population.

Introduzione

Le più recenti informazioni disponibili sulla consistenza a livello europeo delle popolazioni nidificanti di pavoncella Vanellus vanellus convergono nell’eviden-ziare una situazione di complessiva criticità, in buona parte dell’areale. Secondo la recente Lista rossa degli uccelli europei (Birdlife, 2015) la specie ha status di Vulnerabile; i risultati contenuti nel Report relativo allo stato di attuazione della Direttiva 147/2009/CE Uccelli nei 27 Paesi della Comunità Europea (European Environment Agency, 2016) indicano la presenza di una popolazione di 906.000-1.410.000 coppie, in diminuzione sia nel lungo periodo (1980-2012) che nel breve (2001-2012). Le maggiori riduzioni sono state osservate o stimate in Paesi che ospitano le popolazioni più consistenti, vale a dire Gran Bretagna, Olanda e Germania. La Comunità Europea ha redatto per questa specie un Action Plan (EuropeanCommunity, 2009) dove si descrive una popolazioneprobabilmente stabile fino ai primi anni Novanta, con un successivo imponen-te declino (> 30%) nel decennio successivo. Viene sottolineata l’inefficacia di misure di conservazione limitate ai Siti Natura 2000, poiché la pavoncella nidi-fica spesso in aree agricole ad essi esterne. I più recenti risultati disponibili per il progetto di monitoraggio europeo degli uccelli nidificanti (PECMBS, 2016) indicano tra il 1980 ed il 2014 un calo del 58% della sua popolazione, con un trend definito come declino moderato.

In questo quadro europeo di calo generalizzato, imputato spesso all’intensi-ficarsi delle pratiche agricole nelle aree coltivate che costituiscono uno degli habitat maggiormente utilizzati per la nidificazione, si inserisce una situazione italiana in netta controtendenza. Il Recente Rapporto relativo all’applicazione della Direttiva Uccelli in Italia (Nardelli et al., 2015) indica per il nostro Paese una popolazione di 4.800-6.050 coppie, con un trend definito sconosciuto nel breve periodo (2001-2012) ma positivo sul lungo periodo (1980-2012). Non è noto se ciò sia dovuto ad un reale incremento della specie o a una migliore conoscenza e copertura del territorio da parte degli ornitologi.

Le stime precedentemente note per l’Italia evidenziano l’aumento della popola-zione nidificante: 600-1.000 coppie tra il 1983 ed il 1987 (Boano & Brichetti, 1986; Tinarelli & Baccetti, 1989); 1.630-1.880 nel 1992-99 (Thorup, 2006); 1.700-1.900 nel 2003 secondo Birdlife International (2004), ma per lo stes-so anno il già citato Action Plan ne indica ben 6.000-7.000. Per i primi anni Duemila Brichetti & Fracasso (2004) stimano 1.500-2.500 coppie; già nel 2005 Boano & Della Toffola (2005) indicavano tuttavia per il solo Piemon-te 3.000-3.500 coppie, suggerendo una probabile sottostima della popolazione nazionale. Dieci anni più tardi Brichetti & Fracasso (2015) ritenevano fossero presenti in Italia 4.000-4.500 coppie. Come spesso accade in Italia, l’assenza di censimenti mirati e simultanei relativi a tutto il Paese limita la capacità di valuta-re con precisione i cambiamenti in atto nella consistenza e distribuzione di una specie. È però fuor di dubbio che la popolazione italiana di pavoncella, benché ancora poco rilevante a livello europeo, abbia evidenziato un consistente incre-mento nel periodo 1985-2015.

Anche il più recente Rapporto del Progetto MITO2000 (Rete Rurale Nazio-nale & Lipu, 2015) per la prima volta riporta il trend di popolazione per la pa-voncella, definita specie con andamento in incremento moderato ed in aumento del 3.5% all’anno nel periodo 2000-2014; tuttavia si aggiunge che nello stesso periodo il suo stato di conservazione in Italia risulta inadeguato.

Nel Veneto non sono mai stati compiuti censimenti esaustivi per questa specie; Boano & Brichetti (1986) sottolineavano come la situazione regionale fosse poco nota, con una ventina di coppie stimate nell’intera regione e che costitui-vano circa il 2% della popolazione italiana. Nella Carta delle Vocazioni Fauni-stiche del Veneto (Aa.Vv., 1985) la specie non viene nemmeno citata, forse ad indicazione della sua rarità; poco dopo Stival (1989) pubblica la prima stima dettagliata per la regione, indicando la presenza di 20-30 coppie distribuite quasi esclusivamente nel Veneziano. Nella nuova Carta Faunistica del Veneto, Bon et al. (2013) ritengono nidifichino in regione 200-250 coppie, concentra-te nelle provincie di Treviso, Venezia e Verona. Viene anche presentata per la prima volta la distribuzione della popolazione nidificante, secondo il reticolo cartografico UTM di particelle 10 x 10 km; la nidificazione della pavoncella è indicata per 51 di queste. Poco dopo nella loro sintesi sull’avifauna del Veneto Mezzavilla et al. (2016) innalzano le stime a 800-1.000 coppie, anche sulla base di recenti osservazioni inedite degli stessi autori, e presentano una distribuzione regionale aggiornata.

A livello provinciale, in quella di Belluno la specie non nidifica (Cassol, com. pers.), mentre in quelle di Vicenza e Padova la specie sembra essere molto loca-lizzata se non assente, ma le informazioni pubblicate sono peraltro molto datate (Nisoria, 1997; Nisoria & Corvo, 1997). In provincia di Rovigo nei primi anni Duemila Fracasso et al. (2003) indicavano la nidificazione di una sola coppia; per gli anni successivi è nota la presenza di poche coppie anche in alcune valli da pe-sca (Verza & Trombin, 2012). Per la provincia di Treviso Mezzavilla & Bettiol (2007) la ritenevano specie in aumento, con una popolazione di 50-80 coppie per gli anni 2003-2006. In provincia di Verona il pur recente Piano Faunistico-Vena-torio Provinciale 2013-2017 (Provincia di Verona, 2013) non offre alcuna valu-tazione quantitativa; la specie si riproduce certamente nel settore meridionale, dove sono note alcune colonie in ambiente di risaia (Sighele & Mosele, 2010). Per la provincia di Venezia alla fine degli anni Ottanta Stival (1989) stimava solo 11-22 coppie; questo valore ritorna in Bon et al. (2000) e Bon et al. (2004), benché venisse sempre sottolineata l’assenza di censimenti aggiornati. Relativa-mente agli anni 2007-2012 Bon et al. (2014) evidenziano l’aumento della dif-fusione delle coppie nidificanti sul territorio provinciale rispetto al decennio precedente, ma non forniscono stime sulla consistenza della popolazione. E’ evidente come esista una generalizzata lacuna conoscitiva, tanto più rilevante considerando la dinamica espansiva che la popolazione di pavoncella sta evi-denziando nella nostra regione.

Lo scopo del presente lavoro è quello di colmare almeno in parte tale lacuna, aggiornando distribuzione e consistenza della popolazione nidificante di pa-voncella in un ampio settore del Veneto orientale, mediante indagini di campo standardizzate effettuate negli anni 2015 e 2016. Data la grande estensione delle superfici coltivate nell’area di studio, si è voluto verificare l’importanza che questi ambienti possono avere per una specie tuttora rara a livello nazionale.

Area di studio e metodi

I rilievi sono stati effettuati in una vasta area di pianura costiera inclusa nelle province di Venezia, Treviso e in misura minore in quella di Rovigo. L’area è limitata a nord dal corso del fiume Livenza, a ovest da una linea immaginaria condotta tra il Montello a nord e la città di Rovigo a sud, a sud dal corso del fiume Po e a est dal margine che separa la pianura dagli ambienti salmastri o francamente marini. L’uso del suolo nell’area considerata è prevalentemente agricolo, specialmente a seminativi (mais, soia, frumento) ma anche a vigneti e colture specializzate, con diffusa presenza di agglomerati urbani e una densa rete di infrastrutture viarie. Molto scarse le aree incolte, le formazioni boschive e le paludi d’acqua dolce.

In quest’area sono stati ubicati nel biennio 2015-2016, 185 punti di osservazio-ne. Di questi, 93 sono stati campionati nel 2015 e 136 nel 2016, per un totale di 229; 44 sono stati rilevati in entrambi gli anni, 49 solo nel 2015 e 92 solo nel 2016. La Figura 1 presenta l’ubicazione dei punti di osservazione e il reticolo cartografico di particelle UTM di lato 10 km. Complessivamente sono state in-teressate 30 particelle UTM, con un numero di punti che varia per ciascuna da 1 a 12; sono state effettuate 10 uscite nel 2015 e 13 nel 2016.

Ogni punto è stato preliminarmente ubicato, sulla base di riprese satellitari re-centi, in aree considerate potenzialmente idonee alla nidificazione della specie, quindi con superfice del terreno che si presentasse destinata principalmente a seminativi e solo in misura minore eventualmente occupata da prati stabili, ma-terassi ghiaiosi fluviali, incolti. La predilezione per queste tipologie ambientali è nota per la pianura Padana (Fracasso et al., 2003; Boano & Della Toffola, 2005; Longoni et al., 2011). Nelle aree circostanti i punti di osservazione le abitazioni erano assenti o presenti solo con pochi edifici sparsi.

In ciascun punto di osservazione così selezionato è stata effettuata una sola sessione di osservazione in ciascuna stagione riproduttiva, tra la seconda metà di marzo e la fine di maggio; sono state annotate le pavoncelle allarmanti, in parata riproduttiva, apparentemente in cova o in alimentazione presenti entro una distanza nota attorno al punto di osservazione (Bibby et al., 1993; Berg et al, 2002). Non è stato possibile adottare la stessa distanza di osservazione intutti i punti; generalmente si è scelto un raggio di 500 m, ma in altri punti è stata adottata una distanza minore (comunque mai inferiore a 300 m), oppure è stata identificata un’area semicircolare. I punti sono stati ubicati ad almeno 1 km uno dall’altro.

Le distanze dall’osservatore sono state misurate con telemetro Leica Rangema-ster LAF 900 o in pochi casi stimate su foto satellitari con l’ausilio di elementi del paesaggio presenti sul territorio. I punti di osservazione sono stati neces-sariamente ubicati su strade, sia provinciali che comunali o poderali; le osser-vazioni hanno sempre avuto luogo tra le 7 e le 13, in assenza di precipitazioni intense, nebbie o venti tesi. L’area totale campionata (somma delle aree rilevate in ciascun punto) è stata di 4.155 ha nel 2015 e 7.803 ha nel 2016.

Il tempo di sosta in ciascun punto di osservazione è stato fissato a cinque mi-nuti, poiché da indagini preliminari condotte nel 2014 in vaste aree agricole (Scarton, 2016) si è osservato che la presenza delle pavoncelle è rilevabile entro breve tempo dall’arrivo nel punto di osservazione. Dal numero di individui si è ottenuto quello delle coppie probabilmente nidificanti in ciascun punto divi-dendolo per due e arrotondandolo per eccesso (Bibby et al., 1993; Bolton et al., 2011); nei pochi lavori condotti in Italia generalmente non viene specificato il criterio adottato, oppure è stato utilizzato un approccio diverso, facendo corri-spondere ogni adulto osservato ad una coppia (Longoni et al., 2011).

Benché le pavoncelle siano uccelli di medie dimensioni, facilmente osservabili durate il periodo riproduttivo e le aree di indagine non presentassero signifi-cativi ostacoli visuali, vi sono comunque alcune limitazioni che possono avere influenzato le nostre stime: 1) è possibile siano stati conteggiati alcuni individui non nidificanti ma comunque presenti nelle colonie, situazione osservata all’e-stero (Bolton et al., 2011); 2) singoli individui in cova possono essere sfuggiti all’osservazione a causa delle ondulazioni del terreno, specie se arato da poco; 3) non è stato applicato alcun fattore di conversione che tenga conto della pro-babile minor contattabilità degli individui con l’aumentare della distanza, ele-mento non trascurabile visto quanto verificato nella presente indagine (si veda Risultati); 4) è stata effettuata nel corso della stagione riproduttiva una sola visita per ogni punto, per cui è possibile si siano registrare alcune “false assen-ze”. Le densità riportate in seguito vanno quindi sempre intese come “densità apparenti” e sono sempre state espresse come numero di coppie/100 ha; anche una singola coppia è stata considerata come una “colonia”.

Nei 44 punti ripetuti nel biennio, il turnover dei siti di nidificazione è stato cal-colato come in Visser & Peterson (1994), ossia: T=1/2* (S1/N1+S2/N2), dove S1=n.ro siti occupati solo nel primo anno, N1=totale siti occupati nel primo anno, S2=n.ro siti occupati solo nel secondo, N2=totale siti occupati nel secondo anno. Solo per le particelle dove sono stati effettuati nel biennio almeno quattro pun-ti, di cui almeno due positivi, è stato stimato il numero di coppie presenti, estra-polando il valore medio di densità all’area considerata potenzialmente idonea per la nidificazione. Quest’ultima è stata calcolata in ambiente GIS, utilizzando il software ArcGIS 10.0, considerando i features del Corine Landcover livello 2 (2.1 Seminativi e 2.3 Prati stabili), ed escludendo tutte le aree poste a meno di 50 m da superfici urbanizzate (1.1. Zone urbanizzate di tipo residenziale, 1.2.

Zone industriali, commerciali ed infrastrutturali, 1.3. Zone estrattive, cantieri, discariche e terreni artefatti e abbandonati, 1.4. Zone verdi artificiali non agri-cole), per tener conto di un probabile effetto di “disturbo” dovuto alle attività antropiche, che rende non idonee per la nidificazione aree prossime ai manu-fatti. Poiché i dati presentavano una distribuzione non normale, per le analisi statistiche sono stati usati solo test non parametrici (Mann-Whitney U, Kruskal-Wallis e Fridman test) utilizzando il software PAST (Hammer et al., 2001).

Risultati

La specie è risultata piuttosto diffusa nell’area di indagine, benché il maggior numero di punti con presenza di colonie sia stato osservato in quattro settori geografici ben distinti (Figura 1). Il primo è quello costituito dalle aree agricole e dalle grave presenti lungo il corso Piave, tra Maserada (TV) e San Michele di Piave (TV); il secondo è rappresentato dalle vaste bonifiche comprese tra Liven-za e Tagliamento, a est dell’autostrada A14 VE-TS e fino al mare (Comuni di S. Michele al Tagliamento, Caorle e Portogruaro; VE); il terzo è compreso indicati-vamente tra Altino (VE), Roncade (TV) e Fossalta di Piave (VE); il quarto infine è ubicato a ovest della statale Romea, tra Civè (VE) e Cavarzere (VE). È in queste quattro aree che si concentra la gran parte delle colonie rinvenute nel biennio.

Presenza pavoncella
Fig. 1. Presenza della pavoncella nei punti di osservazione. Nero: punto occupato in almeno uno dei due anni; bianco: punto mai occupato. Reticolo UTM 10 x 10 km sovraimpresso; campite in grigio scuro le dieci particelle con le densità più elevate.

Poche altre colonie sono state osservate al di fuori dei settori sopra riportati; una era presente in una vasta area agricola adiacente il margine lagunare nel Comune di Mira (VE) ed un’altra era ubicata nei pressi della Statale Romea, al margine della valle da pesca Ghebo Storto – Morosina. La specie è risultata invece pressoché del tutto assente nelle vaste aree agricole, apparentemente idonee, che si trovano tra l’Adige e il Po; nonostante il buon numero di punti effettuato in questo ambito, le uniche due segnalazioni si devono ad una piccola colonia nei pressi di Loreo (Ro) e ad un individuo isolato nei campi adiacenti Ca’ Zuliani (Ro).

Più in dettaglio, sono state osservate pavoncelle nel 21% dei punti nel 2015 e nel 26% nel 2016; il numero di coppie per punto è riportato in Figura 2.

Fig. 2. Coppie presenti nei punti di osservazione (N=93 nel 2015 e N=136 nel 2016).

La densità media per punto è risultata di 0,93 coppie/100 ha (d.s.= + 2,41) nel 2015 e di 1,01 (+ 2,51) nel 2016; le differenze tra i due gruppi non risultano sta-tisticamente significative (Mann-Whitney U=6.18, P>0,05). Sono state censite 37 coppie nel 2015 e 97 nel 2016; la densità media, considerando invece l’intera area campionata in ciascuno dei due anni, è risultata di 0,89 coppie/100 ha nel 2015 e di 1,24 coppie/100 ha nel 2016. Pur non essendo stata sistematicamente rilevata la distanza delle pavoncelle dall’osservatore, in nessun caso questa è risultata inferiore a 150 m.

Dimensioni delle colonie

Cumulando i dati per il 2015-2016, le 54 colonie censite avevano le dimensioni riportate in Figura 3. Si trattava nella maggior parte dei casi di nuclei molto piccoli, nel 37% dei casi costituiti da una sola coppia. La media per colonia è di 2,48 coppie (+ 2,28), con un massimo di 14 coppie. Le colonie erano quasi sem-pre monospecifiche: solo in tre casi (5.5%) erano compresenti anche corriere piccolo (Charadrius dubius) e/o pettegola (Tringa totanus).

Fig. 3. Dimensioni delle colonie (N=54) osservate nel 2015-2016.

Punti ripetuti

Considerando i soli punti ripetuti in entrambi gli anni (N=44), la densità media risultata di 1,3 coppie/100 ha (+ 3,0) nel 2015 e di 1.1 coppie (+ 2,0) nel 2016; le differenze non sono significative (Friedman test, X2=0.01, NS). La specie era presente nel 2015 in 13 di questi punti; sei di questi sono stati occupati anche nell’anno seguente, mentre dei 24 punti non occupati sette avevano colonie nel 2016. Il turnover tra siti riproduttivi è risultato nel biennio pari a 0,5.

Distribuzione per quadrato e stime di popolazione

Le particelle che nel biennio sono state campionate con almeno un punto di osservazione sono 30: le particelle con almeno quattro punti eseguiti sono 19 e quelle con presenza di almeno due colonie sono dieci, riportate in Tabella 1. Le densità medie più elevate si sono osservate nella particella TL 97 Treviso, che include il Piave a Maserada (TV), e nella UL 35 Venezia, in aree agricole prossime a Caorle (VE). Le differenze tra particelle sono risultate al limite della significatività (Kruskal-Wallis test: H=17,54; P=0,058).

Tab.1. Particelle con almeno quattro punti di ascolto per il biennio 2015-2016 e con presenza di almeno due colonie: numero punti effettuato (N), statistiche di densità (cp./100 ha), superfici potenzialmente idonee e totale coppie stimato.

ParticellaNMinMaxMediaErr. stand.Superficie idonea (ha)Totale coppie stimato
TL_70_VENEZIA2603,820,650,22900659
TL_94_VENEZIA1708,961,850,65471687
TL_95_TREVISO4010,194,322,575571241
TL_97_TREVISO9018,754,862,11184890
UL_05_VENEZIA1105,11,040,57548457
UL_24_VENEZIA607,081,631,12277545
UL_26_VENEZIA1205,21,250,46734392
UL_35_VENEZIA13017,142,351,365246123
UL_36_VENEZIA1603,820,480,26821339
UL_45_VENEZIA1505,10,760,39304123








Totale





856








Coppie stimate nelle altre






particelle indagate





50-100
Totale area di indagine





906-956

Per ciascuna particella viene riportata l’area potenzialmente disponibile per la nidificazione ed il numero di coppie stimato, per un totale di 856 coppie; a que-ste vanno aggiunte le coppie presenti nelle particelle rilevate ma non incluse tra le dieci di Tabella 1, che stimiamo pari ad ulteriori 50-100 coppie. Il totale per l’intera area di indagine potrebbe quindi essere di 906-956 coppie.

Conclusioni

L’indagine effettuata nel periodo 2015-2016 ha permesso di acquisire risultati che aggiornano ed integrano in maniera considerevole le poche informazioni sinora disponibili per il Veneto centro-orientale. La distribuzione da noi ac-certata ricalca generalmente quanto finora noto, con presenze della specie ben consolidate nel settore nord orientale della provincia di Venezia; qui la pavon-cella nidifica perlomeno dalla metà degli anni Novanta del secolo scorso (Bon et al.,2000). Di pari rilevanza per questa specie e già nota per il passato è l’areadi campagne e grave lungo il Piave nei pressi di Maserada; si tratta dell’unico settore tra quelli qui considerati che sia incluso in un Sito Natura 2000, la ZPS IT 3240030 Grave del Piave-Fiume Soligo-Fosso di Negrisia.

Meno nota finora l’importanza per la nidificazione delle campagne a nord-est di Mestre, fino a San Donà di Piave, mentre l’indagine ha accertato una signi-ficativa presenza anche nell’area sud-ovest della provincia di Venezia, poco a nord di Cavarzere. Benché tale ultima area non venga citata nei due Atlanti provinciali pubblicati negli ultimi venti anni, è da segnalare che si tratta di una delle pochissime località venete dove la specie nidificava prima del 1980 (Fa-vero, 1964). Un’altra area finora non nota in bibliografia è quella delle vaste bonifiche adiacenti il marginamento lagunare a Giare di Mira (VE), dove è stata accertata la riproduzione non solo della pavoncella ma anche di altri limicoli come il corriere piccolo e la pettegola. Qui era presente la colonia di pavon-cella di maggiori dimensioni, composta da almeno 14 coppie; la vicinanza alle barene lagunari può spiegare tale osservazione, poiché la specie si concentra in prossimità di fiumi, campi allagati e zone umide in genere (Berg et al., 1992). Da approfondire in futuro la distribuzione della pavoncella nelle campagne prossime a Loreo (RO), che rappresentano al momento il sito più meridionale di nidificazione per l’area qui indagata. La totale assenza della specie nelle vaste aree a seminativi tra l’Adige e il Po non appare facilmente spiegabile, viste le condizioni ambientali apparentemente idonee.

I risultati quantitativi ottenuti dalla nostra indagine sono invece i primi dispo-nibili per la vasta area di indagine e si prestano a diverse considerazioni. Il me-todo dei punti di osservazione è apparso idoneo a campionare la presenza della specie, seppure questa nidifichi con basse densità e distribuzione tipicamente aggregata: l’impegno logistico è risultato probabilmente inferiore a quanto ne-cessario con altri metodi di censimento, come il mappaggio o i transetti. In un’uscita di mezza giornata di campo è stato possibile rilevare tra 10 e 17 punti, corrispondenti a 600-1100 ha di area effettivamente indagata. Tuttavia i nostri risultati indicano che per campionare un’area vasta e con basse densità di cop-pie è necessario effettuare un elevato numero di punti, indicativamente almeno 70, per ottenere valori di densità che siano rappresentativi. L’effettuazione di due visite in uno stesso punto, ad esempio in aprile e in maggio, avrebbe ridotto la presenza di “false assenze” e quindi permesso di ottenere stime ancor più vicine alla situazione vera.

La distanza entro la quale campionare è parametro di rilevante importanza nell’effettuazione dei punti di osservazione; distanze di soli 100 m, come quelle adottate in Paesi europei che presentano densità molto elevate di pavoncelle (30-130 coppie/100 ha nel sud della Svezia, in Norvegia, in Gran Bretagna ed in Olanda: Berg et al., 2002; Oosterveld et al., 2011), sono improponibili nelle nostre pianure, dove le densità sono molto più basse e la maggior parte degli uccelli si osserva solo a distanze ben maggiori. Studi condotti in Olanda hanno dimostrato come la pavoncella tendesse a nidificare ad almeno 250 m di distanza da abitazioni isolate o linee ferroviarie, 350 m da strade a bassa inten-sità di traffico e 50 m da filari alberati; si ipotizza ciò sia dovuto sia al disturbo antropico che alla possibile presenza di predatori, che possono utilizzare alcuni degli elementi del paesaggio sopra citati (Milsom et al., 2000; van der Vliet et al.,2010). A titolo di completezza si aggiunge però che la pavoncella all’estero è nota per nidificare anche in siti fortemente urbanizzati, come i tetti verdi (obbligatori sui nuovi edifici nel Cantone di Basilea: Baumann, 2006) o campi incolti anche di piccole dimensioni ed interclusi in aree industriali e urbane (Kamp et al., 2015).

È possibile pertanto che i nostri punti di osservazione, effettuati sempre su strade di pubblico transito, abbiano determinato una sottostima della densità reale, ipotizzando che nelle aree più distanti, poco o per niente interessate dalla viabilità nel caso di vaste proprietà terriere, le densità potessero essere maggiori di quelle rilevate a breve distanza. Ulteriori indagini dovrebbero verificare que-sto aspetto.

Le densità medie da noi rilevate sono basse ma comunque comparabili con quelle note per altre aree agricole del nord Italia coltivate a cereali primaverili: 1,4-2,4 coppie/100 ha in Boano & Brichetti (1986) o 2,5 in Longoni et al. (2011). Gli unici valori di densità finora noti per il Veneto sono di 16-20 cop-pie/100 ha, ma si riferiscono ad un’area molto piccola come specificato dallo stesso Autore (Stival, 1989), e di 0,8 coppie/100 ha, dato rilevato nel 2014 in un’area di 3.000 ha presso Ca’ Tron-Quarto d’Altino (Scarton, 2016). Quest’ul-timo dato è del tutto comparabile con quello da noi osservato nel biennio, con riferimento all’intera area di indagine.

Le dimensioni della popolazione da noi stimata per l’area di indagine (906-956 coppie) lasciano supporre che anche l’ultima valutazione per l’intero Veneto, pari a 800-1.000 coppie, debba essere rivista al rialzo. Occorre aggiungere alla nostra stima i nuclei nidificanti nelle risaie della pianura veronese (almeno 50 coppie, Scarton oss. pers.); nelle valli da pesca del delta del Po e nel Polesine occidentale (meno di 20 coppie: Verza, com. pers.); nelle valli da pesca delle lagune di Venezia e Caorle (stimate 10-20 coppie; nel 2006-2007 erano presenti quattro-sei coppie nelle valli da pesca della laguna meridionale, Scarton oss. pers.); nelle campagne poco a sud del Sile, tra le province di Treviso e Padova (10-20 cp.); nella laguna aperta di Venezia (qualche coppia, oss. pers.). Propo-niamo pertanto la stima di 1.000-1.100 coppie per l’intera regione.

Le colonie sono risultate composte per il 37% dei casi da una sola coppia, percentuale che appare elevata se confrontata con l’11% rilevato da Boano & Brichetti (1986) ma inferiore al 54% trovato da Longoni et al. (2011) in risaie lombarde. Questi ultimi Autori suggeriscono che le dimensioni piccole o pic-colissime delle colonie siano una risposta all’elevata presenza della cornacchia grigia (Corvus cornix); per la pavoncella nidificare in colonie numerose risulte-rebbe utile con presenze medio-basse di predatori alati, ma svantaggioso se tali presenze sono elevate. Nella pianura veneta i Corvidi sono diffusi pressoché ovunque e sono in aumento negli ultimi dieci anni (si veda ad esempio Bon et al.,2013 per la provincia di Venezia), per cui è possibile che la spiegazionepossa essere valida anche per la nostra area di indagine. Tuttavia si deve anche aggiungere che dettagliati studi eseguiti in Gran Bretagna (Bolton et al., 2007) hanno dimostrato come la quasi totalità della predazione fosse dovuta alla volpe e non ai Corvidi.

Mediante i punti ripetuti è stato possibile evidenziare nel corso del biennio un elevato turnover delle colonie, che può essere dovuto sia all’esito sfavorevole della nidificazione nel primo anno, che a sopraggiunte modifiche nell’assetto colturale dei terreni già utilizzati, che nel secondo anno non li rendono più idonei alla nidificazione. Alcune aree non occupate nel primo anno sono sta-te utilizzate l’anno dopo, il che evidenzia come vi siano comunque numerosi siti potenzialmente utilizzabili dalla specie a seconda degli anni. All’opposto, il 75% per cento dei punti che non presentavano pavoncelle nidificanti nel primo anno sono stati evitati anche nel secondo, ad indicazione della probabile persi-stenza di condizioni poco idonee.

Non è disponibile alcun dato sul successo riproduttivo per l’area di indagine; generalmente si ritiene che in aree ad agricoltura intensiva le lavorazioni del terreno e la predazione ad opera di uccelli e mammiferi possano ridurre sensi-bilmente il successo riproduttivo (European Community, 2009), determinando un calo della popolazione nidificante, in assenza di fenomeni di immigrazione di adulti riproduttori da altre aree. Tuttavia è stato osservato nella Svezia meri-dionale (Berg et al., 2002) che in aree agricole le coppie nidificanti che avevano perso la prima covata rideponevano negli stessi siti ed ottenevano un elevato successo riproduttivo; in tal modo anche le aree ad agricoltura intensiva risul-tavano comunque siti per importanti per il mantenimento della popolazione.

Data la grande estensione delle aree a seminativo nel Veneto centro-orientale e la dinamica espansiva manifestata negli ultimi venti anni dalla pavoncella, è ragionevole ritenere che alcuni modesti interventi gestionali potrebbero au-mentare significativamente il numero e/o il successo riproduttivo delle coppie nidificanti. Tra gli interventi possibili, a vario grado di fattibilità e che dovreb-bero essere sostenuti da finanziamenti pubblici, rientrano ad esempio la crea-zione di piccole aree leggermente depresse altimetricamente, che favoriscano il ristagno dell’acqua piovana; la permanenza di incolti ai margini dei campi colti-vati; l’individuazione precisa delle colonie all’inizio della nidificazione con loro conseguente delimitazione e protezione dagli interventi di erpicatura e semina (Sheldon et al., 2004; Groppali & Camerini, 2006; Bon et al., 2013).

Ringraziamenti

Andrea Pierini (SELC soc. coop.) ha prodotto la cartografia ed effettuato le elaborazioni in ambiente GIS; l’Associazione Faunisti Veneti ha cortesemente messo a disposizione un telemetro; E. Verza (Associazione Sagittaria, RO) e M. Cassol hanno comunicato dati inediti, mentre E. Stival ha fornito una pubblica-zione di difficile reperimento. M. Bon e F. Mezzavilla hanno apportato diverse migliorie al manoscritto.

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