Biodiversità nella Riserva Naturale Integrale Pian de le Stele (Foresta del Cansiglio, Friuli Venezia Giulia)

Attività SVSNBotanica e MicologiaBiodiversità nella Riserva Naturale Integrale Pian de le Stele (Foresta del Cansiglio,...

Riassunto

Con il presente lavoro vengono esposti i risultati degli studi sulla biodiversità condotti nella Riserva Naturale Integrale Pian de le Stele (Foresta del Cansiglio, Friuli Venezia Giulia). Sono state analiz- zate, con varie tecniche, le seguenti componenti: flora vascolare, macromiceti, mixomiceti, briofite, licheni e mammiferi. Tramite immagini sono state documentate le caratteristiche di questo luogo ed è stata prodotta una multivisione. Tale ricerca ha messo in evidenza una abbondante biodiversità, con elementi che indicano come si stia instaurando una buona continuità ecologica. Al suo interno però la Riserva conserva ancora tracce dell’azione antropica a cui è stata sottoposta fino a circa 50 anni fa. L’analisi della biodiversità è stata fatta in modo qualitativo in tutta la Riserva, mentre in tre aree di saggio (Plot) si sono realizzati rilievi quantitativi. L’analisi di tronchi marcescenti ha voluto mettere in luce, tramite il numero di taxa rilevati, quanto essi siano un importantissimo substrato per lo sviluppo di moltissime forme di vita. I macromiceti sono il gruppo tassonomico per il quale si sono rilevate più specie.

Abstract

Biodiversity in “Pian de le Stele” Integral Nature Reserve (Cansiglio Forest, Friuli Venezia Giulia, North East Italy)

This paper presents the results of biodiversity studies carried out in the Pian de le Stele Integral Nature Reserve (Cansiglio Forest, Friuli Venezia Giulia). The following components were analyzed using various techniques: vascular flora, macromycetes, myxomycetes, bryophytes, lichens and mammals. Through images, the characteristics of this site were documented and a multivision was produced. This research revealed an abundant biodiversity with elements indicating that good ecological continuity is being established. However, the reserve still retains traces of anthropogenic activities that were ceased about 50 years ago. The biodiversity survey was carried out on qualitative basis throughout the area, while quantitative information was recorded in three test areas (Plot). The analysis of rotting logs aimed to highlight, through the number of taxa detected, how they are a very important substrate for the development of many forms of life. Macromycetes were the group with the highest number of species.

Introduzione

(a cura di Veronica Borsato)

La biodiversità è uno dei valori più importanti per il nostro pianeta, il quale, solo da un equilibrio tra le sue varie componenti, può contare su un futuro “in buona salute”. “Le interazioni tra gli organismi viventi e l’ambiente fisico danno luogo a relazioni funzionali che caratterizzano i diversi ecosistemi, generando la loro resilienza, il loro mantenimento in buono stato di conservazione e la fornitura dei cosiddetti servizi ecosistemici” (https:/www.wilderness.it/sito/area-wilderness-pian-de-le-stele

  • https:/www.regione.fvg.it/rafvg/cms/RAFVG/economia-imprese/agricoltura- foreste/foreste/ FOGLIA9/ Foglia1/
  • Poiché il presente studio si occupa di molte discipline, è stato necessario coinvolgere vari specialisti, che hanno perlustrato tutte le parti accessibili dell’area di studio, tralasciando solo quelle che potevano rappresentare un pericolo per l’incolumità personale. Inoltre, per facilitare la lettura e per non appesantire il lettore con interminabili pagine di dati, gli autori hanno stabilito che i sei ambiti corrispondono ognuno a un capitolo e che in ognuno di essi ci saranno materiali e metodi/risultati/immagini. L’autore dei vari capitoli è specificato con “a cura di”.

    Area di studio

    (a cura di Veronica Borsato)

    L’area di studio si trova nella parte orientale della Foresta del Cansiglio, nelle Prealpi Carniche, in comune di Polcenigo, provincia di Pordenone, regione Friuli Venezia Giulia.

    La Riserva si trova a poche centinaia di metri dal confine (+ – + -) con la parte vene- ta della Foresta del Cansiglio e da Pian Cansiglio (Fig. 1). Essa è posta all’interno dell’area protetta, ai sensi della “Direttiva Habitat” e della “Direttiva Uccelli” (CEE, 1979), denominata ZSC IT3310006 Foresta del Cansiglio-Regione Friuli Venezia Giulia, a diretto contatto con l’altra area protetta (ai sensi delle stesse due Direttive sopracitate) ZSC IT3230077 Foresta del Cansiglio-Regione Veneto. La Riserva Naturale Integrale Pian de le Stele è stata istituita nel 1971 nell’ambito della Foresta Regionale del Cansiglio Orientale (https://www.wilderness.it/sito/ area-wilderness-pian-de-le-stele/). A garanzia di una superiorità vincolistica, nel 2007 esattamente la stessa superficie della Riserva viene trasformata in “Area Wilderness Pian de le Stele” con DGR 3304 dd. 28.12.2007. In base a questo decreto regionale in tutta l’area wilderness “sussiste l’obbligo di rilascio della vegetazione naturale alla libera evoluzione, non è consentita l’esecuzione di alcun intervento sulla vegetazione se non per ragioni di pubblica incolumità o fitosanitarie (DGR 3304)”. Si ricorda che le aree wilderness sono state istituite per la prima volta nel 1924 nel New Mexico (USA) con lo scopo di protezione e conservazione di luoghi particolarmente selvaggi.

    stele-f1
    Fig. 1. Posizione delle aree wilderness presenti nella ZSC “Foresta del Cansiglio-Regione Friuli Venezia Giulia”: “Pian de le Stele” (n°3),
    “Col Piova” (n°4), “Croseraz-Val Bona” (n°6). Posizione delle tre aree di saggio (Plot) all’interno della Riserva Pian de le Stele.

    Si vogliono ora approfondire i motivi che hanno portato nel 1971 alla scelta di istituire proprio qui una Riserva Integrale, riportando un tratto della relazione del Prof. HOFMANN (Piano di assestamento, 1982-1996) che illustra le motivazioni della scelta: “La Riserva è stata prescelta perché ospita l’abieti-pecceta; si tratta di una formazione mista, disetanea, dell’abete rosso con l’abete bianco, cenosi questa di particolare interesse naturalistico”. HOFMANN, nello stesso documento, aggiunge: “L’ambiente pedologico è quello dei grossi blocchi di calcare compatto ai piedi del versante Est, con un litosuolo tipico, un humus carbonato lisciviato, friabile e a drenaggio assai libero”.

    In AA.VV. (1995) HOFMANN avvalora la scelta di quest’area come Riserva Naturale Integrale con la seguente affermazione: “Motivo ben più valido di scelta è stato l’accertamento fatto su un piano palinologico e fitosociologico dell’indigenato della picea, sì che il carattere naturale del consorzio non può essere messo in dubbio. Dal resto viene da sé che nessuno avrebbe potuto piantare gli abeti su un rocciaio o su un ammasso detritico, se non avesse provveduto “Madre Na- tura” con un lento lavoro di millenni, pilotato da una particolare ecologia, che si vuole conservare”.

    La superficie dell’intera ZSC friulana è di ha 2713,00 mentre quella della Riserva Pian de le Stele è di ha 23,08 (DGR 3304).

    La Riserva è delimitata a Nord dalle quote 1082 e 1014 m s.l.m. lungo la strada dell’Archeton e a Sud dalla quota 1076 m s.l.m.. La quota massima è 1100 m s.l.m. (Piano di assestamento 1982-1996).

    Per quanto riguarda il clima, vista la vicinanza alla centralina ARPAV posta in loc. Tramedere (circa 2 Km in linea d’aria), si ritiene che gli studi climatici deri- vati dall’ elaborazione dei dati forniti da questa centralina, siano più che validi anche per la contigua Riserva Pian de le Stele e per essi si veda BORSATO (2021). Le rocce affioranti, sotto forma di grossi blocchi detritici, sono calcari di scoglie- ra del Cretaceo. Questi calcari sono gli avamposti della scogliera corallina che continua poi in loc. Col dei Scios-Candaglia. In tutta l’area il fenomeno carsico è diffuso soprattutto sotto forma di carsismo a blocchi, doline e inghiottitoi. I numerosi anfratti rocciosi presenti tra i blocchi calcarei sono caratterizzati da un terriccio scuro, ricco di sostanza organica e offrono riparo e protezione anche ai predatori, che lì si riparano per consumare le loro prede, come dimostrano le varie ossa di ungulati che sono state trovate al loro interno.

    Il bosco è costituito prevalentemente da abete rosso, abete bianco e faggio in formazione compatta, con poche radure e molti tronchi a terra, soprattutto nella parte più bassa: un ambiente che non ha eguali in tutta la Foresta del Cansiglio. Nella parte più alta è invece preponderante la presenza del faggio, su pendii più inclinati e il bosco, meno eterogeneo, non ha la straordinaria bellezza di quello della parte inferiore.

    Etimologia del toponimo

    Per quanto riguarda la base etimologica del toponimo, si riporta quanto segue:

    • “Pian”- Dalla morfologia del suolo: cfr. dial. “pian”, “piano”, dal latino “plan” (us), nelle zone montuose indica una “breve spianata tra i monti” (ULIANA, 2014).
    • “Stèle”- Da nome comune: cfr. “lastrelle” [etimo incerto], “lastra”, “piano roccioso inclinato”. Dal nome dial. “stèle” ossia:
      • schegge che si staccano dal legname tagliato a colpi di ascia;
      • pezzi di legno da bruciare preparati su una data lunghezza (FAIN & SAN-MARCHI, 1982);
      • scheggia longitudinale di faggio da cui si ricava un remo (ULIANA, 2014).

    Piante vascolari

    (a cura di Veronica Borsato)

    Materiali e metodi

    Poiché le piante e le loro comunità accolgono e determinano il resto della biodiversità, si è creduto opportuno iniziare il lavoro proprio con il capitolo sulle piante vascolari. L’indagine floristica è stata condotta in tutta la Riserva ad esclusione delle zone dove l’accesso non era possibile e/o pericoloso a causa della presenza di alberi schiantati, doline troppo profonde o il cui fondo non era visibile. Nonostante l’inizio dei rilievi fosse previsto ad aprile 2020, a causa delle limitazioni imposte dalla pandemia da Covid19, essi sono stati avviati solo a giugno 2020 e sono terminati a novembre 2021. L’indagine floristica ha por- tato alla stesura della check-list contenuta nella tabella n° 2 nella quale per ogni specie vengono indicate:

    • specie sinantropiche/antropogene/aliene;
    • livello di rischio di estinzione (liste rosse);
    • specie presenti/assenti nel quadrante 99/40 (Foresta del Cansiglio) del “Nuovo atlante corologico delle piante vascolari nel Friuli Venezia Giulia” (POLDINI, 2002);
    • specie presenti nella flora del Circolo Polare Artico.

    Per la determinazione delle specie è stata utilizzata di base la “Flora d’Italia (PIGNATTI, 2017-2019), affiancata da numerosi altri testi (ARGENTI et al., 2019; AESCHIMANN et al., 2004; BERNINI et al., 2002; EGGENBERG & MOHL, 2013; LAUBER & WAGNER, 2001; ROTHMALER, 1995).

    Per la nomenclatura si è fatto riferimento a PIGNATTI (2017-2019).

    Spettro biologico e spettro corologico

    Gli spettri biologico e corologico sono stati costruiti a partire dalla check-list floristica. Entrambi sono utili per delineare in generale le caratteristiche della flora di una determinata località:

    • lo spettro biologico descrive le forme biologiche, cioè le modalità con le quali gli organismi vegetali superano la stagione avversa;
    • lo spettro corologico descrive i corotipi, cioè ampie categorie riguardanti la distribuzione geografica delle specie.

    Le forme biologiche e le classi di geoelementi sono state ricavate da PIGNATTI (2017-2019) o, nei pochi casi dubbi, dal sito https://www.actaplantarum.org. Successivamente i tipi corologici sono stati raggruppati come da tabella n°1.

    Tab. 1. Tipi corologici presenti nella banca dati del Prof. Poldini e della Dott.ssa Vidali, i successivi raggruppamenti e i relativi codici.

    Specie sinantropiche/antropogene e stima della qualità ambientale

    La Riserva Naturale Integrale Pian de le Stele, istituita circa 50 anni fa (1971), è un luogo “naturale”? Ha ancora molti segni dell’azione antropica a cui è stata sottoposta nel passato?

    La flora nel suo mutare esprime in modo concreto le variazioni ambientali del territorio in cui si sviluppa e, grazie ad essa, si è stimata la qualità ambientale (Naturalità) calcolando (BORSATO, 2021):

    • la percentuale di specie sinantropiche/antropogene sul totale delle specie rilevate, che può dare il grado di inquinamento floristico; maggiore sarà la percentuale, maggiore sarà il grado di antropizzazione. Per l’individuazione delle specie sinantropiche/antropogene è stato utilizzato AESCHIMANN et al. (2004). I codici che, a discrezione dell’autrice, fanno maggiormente riferimento agli ambienti tipici di specie antropogene sono 1.4, 2.1, 2.1.1, 2.1.2, 2.2, 2.4, 2.6, 2.7, 2.8, 2.9, 2.9.1, 2.9.2, 6.3.1 corrispondenti a: stagni, fossi, rive, solchi delle ruote, campi, colture, vigne, incolti, ambienti ruderali e semiruderali (sentieri e strade rurali, macerie, aree abbandonate, depositi di immondizia e di materiale organico, letamai, ferrovie, scarpate, luoghi calpestati, piste da sci artificiali), riposi del bestiame, tagli rasi forestali, schiarite, strade forestali, zone incendiate, carbonaie, parchi, tappeti erbosi, terreni sportivi, frutteti, coltivi, praterie artificiali. Per ogni specie sono stati tenuti in considerazione solo gli ambienti tipici sopra segnalati, tralasciando quelli in cui essa compare solo marginalmente e sporadicamente.
      Va comunque precisato che l’attribuzione di “specie sinantropica” ad alcuni taxa, sulla base di varie esperienze pratiche in campo, non è un dato fisso ma può variare al cambiare di territori e aree geografiche, in quanto queste specie possono modificare le loro caratteristiche e occupare altri habitat.
    • la percentuale di specie ad ampia distribuzione (subcosmopolite e avventizie, indicate con i numeri 13-14 nella tabella n°1) sul totale delle specie rilevate. Il calcolo di questo valore si basa sul presupposto che l’impatto antropico provochi un arricchimento di tipi corologici legati alla diffusione per opera dell’uomo, causando lo spostamento dello spettro corologico verso forme ad ampia distribuzione. (MAZZOCCHI et al., 1999).
    • la percentuale di specie aliene sul totale delle specie rilevate. La presenza di specie aliene è un chiaro elemento di contaminazione antropica. Per l’individuazione delle specie aliene è stata utilizzata la checklist di GALASSO et al. (2018).

    Liste rosse e tutela della Biodiversità

    Nella tabella n°2 sono evidenziate le specie presenti nella lista rossa di Belluno (provincia limitrofa, a poche centinaia di metri dal confine della Riserva) e del Veneto (BUFFA et al., 2016), nella lista rossa italiana (ROSSI et al., 2013), nella lista rossa europea (BILZ et al., 2011). Nonostante non ci siano segnalazioni, è stata lasciata la colonna relativa alla lista rossa del Friuli Venezia Giulia (CONTI et al. 1997).

    Specie presenti anche al Circolo Polare Artico

    Poiché l’area di studio ospita la neve anche quando nei dintorni essa è già scompar- sa da tempo e la copertura delle fronde degli alberi è quasi totale, nella Riserva si ha un ambiente fresco durante l’estate e molto freddo d’inverno. Per questo motivo si è voluto conoscere quali specie presenti nella Riserva sono tipiche di ambienti freddi, come per es. quelli delle aree situate presso il Circolo Polare Artico. A tale scopo si è fatto riferimento a REIDER et al. (2018), nel sito http://panarcticflora. org; gli autori specificano che la flora da loro studiata si trova al Circolo Polare Artico e a N di esso, in zone con temperatura media del mese più caldo minore di 10°C, presenza di permafrost e di lunghi inverni con gelo e neve stabile.

    Risultati e discussione – Flora

    Tab. 2. Check-list della flora vascolare della Riserva Naturale Integrale Pian de le Stele.
    Legenda:
    LC = minor rischio;
    NT = quasi minacciata;
    VU = vulnerabile;
    EN = minacciata;
    P = Panarctic flora;
    SI = specie appartenente a una vegetazione sinantropica;
    Ali = specie aliena;
    + = presente;
    – = assente.

    Le 143 specie censite sono riportate in ordine alfabetico nella tabella n°2.
    Lo strato arboreo, con esemplari di varie età e dimensioni, è dominato dal faggio (Fagus sylvatica), dall’abete rosso (Picea abies) e dall’abete bianco (Abies alba); sono presenti anche l’acero montano (Acer pseudoplatanus) e il sorbo degli uc- cellatori (Sorbus aucuparia). Pochi gli esemplari di Fraxinus excelsior, Fraxinus ornus, Salix caprea, Sambucus nigra e Sambucus racemosa. Lo strato arbustivo è costituito da esemplari giovani di faggio e di abete rosso, oltre che dal nocciolo (Corylus avellana), dalla dafne (Daphne mezereum), dalle lonicere (Lonicera alpigena, Lonicera nigra, Lonicera xylosteum), dal ribes alpino (Ribes alpinum) e dal lampone (Rubus idaeus). Il mirtillo nero (Vaccinium myrtillus) forma a tratti uno strato microarbustivo. Nello strato erbaceo le specie più abbondanti sono Cardamine trifolia e Oxalis acetosella, accompagnate da presenze significative di Adoxa moschatellina e Stellaria nemorum subsp. montana. Denso lo strato di felci, rappresentate soprattutto da Athyrium filix-femina, Dryopteris carthusiana, Gymnocarpium dryopteris e Phegopteris connectilis. Sui numerosi blocchi calcarei affioranti la flora è caratterizzata soprattutto da felci, tra cui le più frequenti sono Asplenium viride, Asplenium trichomanes e Cystopteris fragilis.

    Nella flora della Riserva sono presenti ben 17 specie di felci, che corrispondono al 24% di quelle note sulle Alpi (Flora alpina, 2004, Ed. Zanichelli): Asplenium ruta-muraria, Asplenium trichomanes, Asplenium viride, Athyrium filix-femina, Cystopteris fragilis, Cystopteris sudetica, Dryopteris carthusiana, Dryopteris dila- tata, Dryopteris expansa, Dryopteris filix-mas, Gymnocarpium dryopteris, Gym- nocarpium robertianum, Phegopteris connectilis, Phyllitis scolopendrium subsp. scolopendrium, Polypodium vulgare, Polystichum aculeatum,Polystichum braunii. Per quanto riguarda le specie presenti nella Riserva, se confrontate con quelle presenti in POLDINI (2002), quasi tutte sono già state segnalate per il Cansiglio, ad eccezione di 9 entità. E’ interessante riportare che POLDINI definisce come “introdotta” in Cansiglio la specie Picea abies.

    Spettro biologico e spettro corologico

    Lo spettro biologico (Fig. 2) è dominato dalle emicriptofite, seguite dalle geofite e dalle fanerofite. Le emicriptofite sono piante erbacee con gemme svernanti al livello del suolo e protette dalla lettiera o dalla neve.

    Se si confronta questo spettro con lo spettro biologico della flora di tutta la Foresta del Cansiglio (BORSATO, 2021), si evidenzia un lieve aumento delle emi- criptofite e delle fanerofite, mentre sono assenti le idrofite e le elofite a causa della mancanza di zone umide.

    ig. 2. Spettro biologico della flora della Riserva Pian de le Stele.
    Fig. 3. Spettro corologico della flora della Riserva Pian de le Stele.

    Nello spettro corologico (Fig. 3) i corotipi più rappresentati sono quello euroa- siatico e quello boreale o nordico, che sommato a quello artico-alpino forma il contingente di piante diffuse in climi freddi.

    Se confrontato con lo spettro corologico della flora dell’intera Foresta del Can- siglio (BORSATO, 2021), all’incirca la situazione è simile, con un lieve aumento delle specie euroasiatiche e l’assenza di quelle avventizie.

    Specie sinantropiche/antropogene e stima della qualità ambientale

    Tab. 3. Numero di specie sinantropiche/antropogene, aliene, subcosmopolite e avventizie presenti nella Riserva Pian de le Stele e loro percentuale sul totale delle specie.

    La Riserva, pur essendo lasciata alla libera evoluzione dal 1971, presenta una elevata percentuale di specie sinantropiche (44,4%). Ciò ci può suggerire che, nonostante l’aspetto naturale, in realtà la Riserva porta ancora i segni dell’impatto antropico operato sia al suo interno che nelle zone circostanti, nei periodi storici precedenti alla sua istituzione. Il maggior numero di specie sinantropiche è stato trovato nelle aree lungo le strade, i sentieri e nelle piccole schiarite.

    Liste rosse e tutela della Biodiversità

    Nella tabella n°2 sono elencate le specie censite con i loro livelli di rischio di estinzione nelle varie liste rosse. Tra queste, le specie minacciate o gravemente minacciate presenti in almeno una lista rossa sono due: Cystopteris sudetica e Veronica montana.

    Specie presenti anche al Circolo Polare Artico

    Nella Riserva è presente il 46,4% di specie panartiche (Fig. 4) mentre nella flora della Foresta del Cansiglio (sia Veneto che FVG) tale valore scende al 34,7% (BORSATO, 2021). Ciò sembra suggerire che numerose specie della Riserva sono ben adattate a situazioni ambientali con temperature più basse rispetto al totale delle aree circostanti.

    Fig. 4. Percentuale delle specie panartiche nella Riserva Pian de le Stele e nella Foresta del Cansiglio.

    Macromiceti

    (a cura di Enrico Bizio)

    Materiali e metodi

    Le campagne di ricerca si sono concentrate nei mesi estivi e autunnali del 2020 e del 2021; tuttavia le prime fruttificazioni fungine sono osservabili già nel mese di aprile, mentre le ultime sono ancora massicciamente presenti anche in novem- bre, con esemplari per lo più senescenti. La maggior parte dei campionamenti è dovuta all’attività di raccolta di uno degli autori (VB) e in minor misura da altri (EB e PDC). La maggior parte dei reperti è stata analizzata dopo essiccazione, sulla scorta delle immagini in ambiente e del loro studio a livello microscopico; in minor misura (campionamenti di EB) da freschi. In ambedue i casi, I corpi fruttiferi sono stati identificati sulla base di osservazioni macro e micromorfologi- che, macrochimiche, organolettiche ed ecologiche. Le immagini fotografiche sono state realizzate in ambiente con fotocamere digitali Canon EOS 550D e Fujifilm X20. Per i rilievi microscopici, eseguiti sia su materiale fresco che essiccato, è stato utilizzato un microscopio binoculare WILD M11 montante ottiche Leitz-Zeiss. Per l’allestimento della maggior parte dei preparati istologici, eventualmente reidratati, sono stati utilizzati i coloranti rosso Congo anionico e rosso Congo ammoniacale al 20%. Altre osservazioni sono state eseguite montando acqua distillata, blu cotone (per evidenziare l’eventuale cianofilia e le ornamentazioni sporali negli ascomiceti), blu di cresile (per la verifica della metacromasia), car- minio acetico (per il contrasto delle granulazioni siderofile), floxina (per i tessuti degli ascomiceti), KOH al 5%, reagente di Melzer (per evidenziare l’eventuale amiloidia/destrinoidia). Le osservazioni sono state effettuate con obiettivi 10×, 40×, 60× e 100× ad immersione d’olio.

    In due occasioni, al fine di conseguire una determinazione maggiormente affidabile, abbiamo ritenuto necessario sottoporre i rispettivi campioni all’analisi del DNA. Le sequenze ottenute sono state successivamente confrontate con un database di sequenze già conosciute e disponibili nelle banche dati pubbliche. Mediante il programma BLAST si è quindi provveduto a identificare, tra que- ste ultime, quelle che presentavano delle somiglianze con le sequenze di nostro interesse. In tal modo abbiamo identificato la presenza di Pluteus primus, non separabile sul terreno rispetto a Pluteus cervinus. In una seconda occasione, è stato possibile assegnare un nome certo ad un campionamento di Inocybe pseudohiulca, peraltro specie non rara ma, in questa circostanza, portatrice di caratteri anomali e non riconoscibili.

    Alcuni tra i campioni essiccati più significativi sono stati conferiti in MCVE (Erbario Micologico del Museo di Storia Naturale di Venezia), altri sono conservati negli erbari personali degli autori.

    Per la nomenclatura si è fatto riferimento al “Codice Internazionale di Nomenclatura per alghe, funghi e piante” (C.I.N.) adottato nel Congresso di Shenzhen (2018) (https://www.iaptglobal.org/shenzhen-code); per l’indicazione del nome corretto, si è utilizzato l’Index Fungorum (http://www.indexfungorum.org/) salvo diverso avviso da parte nostra. Le abbreviazioni dei nomi degli autori sono attribuite in conformità di KIRK & ANSELL (2003). Per il riconoscimento delle specie fungine si è fatto riferimento per gli “agaricali” a Funga Nordica (KNUDSEN & VESTERHOLT, 2012); per gli “afilloforali” a JULICH (1989) e, più strettamente per i polipori a BERNICCHIA & GORJON (2020); per gli ascomiceti a MEDARDI (2006). Infine, è risultata molto utile la consultazione dell’atlante fotografico di PADOVAN et al., (2020).

    Risultati e discussione

    Durante le sessioni di studio nella Riserva Integrale Naturale Pian de le Stele (in numero di 15 nel 2020 e di 16 nel 2021) sono state eseguite poco meno di 730 raccolte di miceti, che hanno originato l’individuazione di 290 specie, con la netta maggioranza dei Basidiomycota (basidiomiceti, 251 = 86,6%) sugli Ascomycota (ascomiceti, 38 = 13,1%); a completamento, anche l’individuazione di Spinellus fusiger, appartenente al phylum Zygomycota (zigomiceti = 0,3%) osservato numerose volte sul cappello di esemplari del genere Mycena. Per le criticità incontrate in sede di determinazione, in alcuni casi si è preferito lasciare imprecisata la specie, nominandola come “sp.” oppure facendo precedere la sigla “cf.” all’epiteto specifico più ragionevolmente relazionabile. Tutte le specie censite sono riportate in ordine alfabetico nella tabella n°4.

    Tab. 4. Check-list dei macromiceti della Riserva Naturale Integrale Pian de le Stele, il loro gruppo trofico, il numero di raccolte, la fenologia e il loro phylum.

    Per l’aspetto forestale, la Riserva è costituita da un bosco misto con Picea abies, Fagus sylvatica e Abies alba, con presenza marginale di ulteriori specie citate nella parte floristica di questo contributo. Tale composizione condiziona for- temente la presenza delle specie ectomicorriziche legate allo specifico (o a più) partner, principalmente con l’abete rosso. La composizione dei gruppi trofici evidenzia un netto predominio dei saprobi (73,9%), sugli ectomicorrizici (21%) e sui parassiti (5,1%), in coerenza con la natura di una riserva integrale con disponibilità e permanenza, sul terreno, di grande quantità di materiale biodegradabile. La condizione è favorita dalla posizione geografica, dal clima umido caratteristico del Cansiglio e dall’esposizione a Nord-Est. Limitatamente ai basidiomiceti, le specie parassite che possono potenzialmente arrecare danno alle piante ad alto fusto sono solo una decina (4% del totale). È da considerare che pressoché tutte le specie parassite, in vario modo aggressive nei confronti delle specie arboree, permangono sul substrato agendo in qualità di biodegra- datori (saprofiti). I soli saprofiti non parassiti si sono dimostrati essere la mag- gioranza, sia in senso assoluto (214/290 = 73,9%), che tra i soli basidiomiceti (184/251 = 73,3%). Una tabella a doppia entrata (Tab. 5) riassume, in termini assoluti e percentuali, la composizione sistematica e trofica della popolazione fungina in Pian de le Stele.

    Tab. 5. Gruppi trofici e gruppi sistematici dei macromiceti della Riserva Pian de le Stele.

    Tra i generi maggiormente presenti, con numero di specie ³ 10 citiamo Mycena (30 specie), Galerina (12), Russula (12) e Inocybe (11), i primi due facenti parte del gruppo trofico dei saprotrofi, gli altri due ai simbionti. Mycena e Inocybe sono qui intese “sensu stricto”; diversamente, il loro numero sarebbe assai maggiore. Per quanto riguarda le singole specie, limitatamente a quelle osservate un numero di volte ³ 10, citiamo Fomitopsis pinicola (28 osservazioni), Paragymnopus perforans (13), Trichaptum abietinum (12), Mycena bresadolana (11), Mycena viscosa (11), Gymnopilus bellulus (10), Inocybe nitidiuscula (10), Inosperma cervicolor (10), Presudosperma rimosum (10). Tale numero dei ritrovamenti, inevitabilmente condizionato dalla selezione avvenuta sul terreno, non deve essere interpretato in modo assoluto; tuttavia è un dato indicativo dell’effettiva presenza e frequenza di una determinata specie.

    Considerata la meticolosità dell’indagine, sono numerose le specie segnalate per la prima volta per l’Altopiano del Cansiglio. Tra le specie meritevoli di qualche interesse dobbiamo citare:

    • Tectella patellaris, fungo crepidotoide con polvere sporale bianca, appartenen- te alla famiglia delle Mycenaceae, caratterizzato da un inusuale velo bianco, biodegradatore su rami caduti a terra di latifoglia;
    • Tricholomopsis sulfureoides, lignicolo su tronchi degradati di conifere, che si riteneva limitato al Nord America, successivamente individuato nell’Europa del Nord e sempre più spesso anche alle nostre latitudini;
    • Inocybe amicta, specie descritta originariamente per i boschi di conifera della Finlandia, raramente segnalata nel versante meridionale dell’Arco Alpino;
    • Lepiota clypeolarioides, specie non molto frequente che si manifesta nel sito di ricerca con la var. armillata, caratterizzata da un velo cortiniforme/bambagioso e dalla base del gambo munita di braccialetti concolori alle squamule del cappello;
    • Nectriopsis violacea, ascomicete della famiglia delle Bionectriaceae, che parassitizza il mixomicete Fuligo septica, formando una crosta violacea sulla sua superficie;
    • Ditiola peziziformis, una Dacrymycetales nota anche come Femsjonia peziziformis, che forma lussureggianti fruttificazioni gelatinose, gialle, sui rami a terra di molte piante, nella Riserva specialmente su abete bianco;
    • Strobilurus esculentus, specie frequentissima, che nel complesso del Cansiglio manifesta una singolare fenologia: nei mesi primaverili cresce, come di consueto, sugli strobili di Picea intrisi dallo scioglimento della neve, mentre nei mesi autunnali produce una seconda fioritura rappresentata da carpofori associati a frustuli marcescenti, sommersi, di conifera, non necessariamente sugli strobili.
    • Tra le Polyporales segnaliamo Postia simani (rara specie sud europea raccolta in Italia, Spagna e Francia; sembra essere l’unica specie di Postia hibernica complex che cresce su latifoglia) e Phlebia cremeoalutacea (apparentemente il primo ritrovamento in Italia; specie caratterizzata da cistidi con una parte basale generalmente allargata e una apicale conica che appare incrostata quando i cistidi sono emergenti).

    La massiccia presenza dei generi Mycena, Galerina, Gymnopus, Hypholoma e dei molti “lignicoli” appartenenti a famiglie e generi diversi, conferma che una significativa porzione della popolazione fungina della Riserva è adibita al fonda- mentale ruolo ecologico della decomposizione di sostanza organica.

    Qui di seguito vengono riportate le immagini di alcuni macromiceti trovati in Riserva, scelti in modo da offrire una composizione cromatica sui toni del viola e del giallo:

    Mixomiceti

    (a cura di Danilo Signorini)

    Note generali e ciclo di vita

    I Mixomiceti (Myxomycetes: dal greco mýksa = muco e dal greco mýkes = fungo, letteralmente “funghi mucillaginosi”), per la loro affinità con i funghi, sono da sempre studiati nell’ambito della micologia (KRYVOMAZ et al., 2017). Tuttavia, per quanto assimilabili ai funghi per la riproduzione tramite spore, essi se ne differenziano nettamente per la loro natura di organismi unicellulari. Curiosa- mente, per la locomozione simile a quella delle amebe e per un analogo sistema nutrizionale (fagocitosi), presentano caratteristiche comuni anche al Regno Animale (POULAIN et al, 2011).

    Nonostante la posizione sistematica dei mixomiceti rimanga oggetto di dibattito, sembra affermarsi la tesi di chi li ritiene, malgrado l’affinità con i funghi, più prossimi agli animali, proponendone la collocazione nel Regno dei Protisti (Phylum Myxomycota).

    Nel loro singolare ciclo biologico, i mixomiceti presentano due fasi del loro sviluppo ben distinte: la prima fase, che inizia con la germinazione delle spore, è costituita da un plasmodio che assume caratteristiche di tipo animale (amebe); la seconda fase, con caratteristiche di tipo vegetale, più somigliante ai funghi, inizia col formarsi una struttura che chiameremo sporocarpo (corpo fruttifero, o sporo- foro, o anche sporangio) e termina con la maturazione e la liberazione delle spore.

    Il plasmodio è una massa di protoplasma multinucleata, capace di spostarsi liberamente sul substrato per mezzo di movimenti ameboidi e di alimentarsi inglobando batteri, particelle organiche, lieviti, alghe, spore e micelio di funghi o altro. Quando si verificano condizioni ambientali adatte alla riproduzione, il plasmodio si fissa al substrato e si organizza in uno o più sporofori destinati alla produzione delle spore. In molte specie il plasmodio passa la maggior parte della vita incistandosi all’interno del substrato e risalendo alla superficie solo al momento della fruttificazione, per poi suddividersi in singoli sporocarpi.

    La presenza dei mixomiceti sui substrati organici è dovuta al singolare modo di nutrizione dei loro plasmodi: sebbene non siano biodegradatori, ma batteriofagi, i mixomiceti vivono in genere su legno marcescente, fogliame e detriti vegetali di varia natura. Alcune specie crescono anche sui fusti e sulle foglie di piante vive, ma i danni arrecati sono sempre modesti e non si può mai parlare di veri e propri casi di parassitismo. Essi si rinvengono praticamente in tutti i tipi di ambiente, dai boschi, ai campi aperti, fino ai margini delle macchie di neve in fusione. Hanno una distribuzione geografica piuttosto vasta e moltissime specie sono cosmopolite (NEUBERT et al, 1995; NANNENGA-BREMEKAMP & YAMAMOTO, 1987). Nel Nord Italia la comparsa degli sporocarpi è in genere legata all’andamento stagionale ed è favorevolmente influenzata dall’umidità: i periodi in cui è più frequente il loro rinvenimento vanno dalla primavera inoltrata, all’inizio estate e soprattutto in autunno.

    Non sono molte le specie il cui sporocarpo raggiunge dimensioni tali da poter essere facilmente individuato e determinato già sul terreno (per es. Fuligo septi- ca). La maggior parte dei mixomiceti, per le esigue dimensioni delle loro fruttificazioni, spesso inferiori a 1 mm, sfugge facilmente all’osservazione in natura. Una lente tascabile è di grande aiuto per focalizzare la loro presenza, ma per la determinazione è necessario il ricorso ad uno stereomicroscopio.

    Finora, sono conosciuti circa 60 generi, molti dei quali presenti anche in Europa.

    Tuttavia anche nel nostro Paese il loro numero è destinato ad aumentare: la dif- fusione di specie esotiche, già in atto, è favorita dal cambiamento climatico e dal commercio globale (importazione di fiori, piante e legname da altri continenti).

    Materiali e metodi

    Ogni singola raccolta è stata effettuata con un coltello per asportare una piccola parte della corteccia assieme al substrato muscoso; successivamente i campioni sono stati disposti in scatola multi scomparto e fissati per mezzo di spilli per il trasporto fino al luogo di studio. Immagini fotografiche sono state eseguite con una fotocamera Canon 60D e un obiettivo Canon MP-E 65 mm, il tutto montato su una slitta micrometrica; infine, per l’elaborazione e la combinazione delle immagini scattate con la tecnica digitale “focus stacking” è stato usato il programma CombineZP. I campioni sono stati osservati con stereomicroscopio, mentre i microcaratteri sono stati studiati e fotografati su materiale secco rigonfiato con KOH al 3% attraverso l’utilizzo di un microscopio ottico a luce trasmessa.

    Risultati e discussione

    L’attività di ricerca all’interno della Riserva Naturale Integrale Pian de le Stele, che si è realizzata attraverso il prelevamento di 76 campioni di mixomiceti, ha portato all’identificazione di 27 diverse specie appartenenti a 13 generi: esse costituiscono un elenco preliminare per i Myxomycetes del comprensorio del Cansiglio. Nel numero totale sono conteggiati anche 8 campionamenti, riconducibili ad almeno 5 generi, per i quali, a causa di motivi diversi (perché paras- sitati, per lo stadio immaturo o, al contrario, per l’eccessiva senescenza) non è stato possibile portare a termine la determinazione. Tutte le specie censite sono presenti in ordine alfabetico nella tabella n°6.

    Tab. 6. Check-list dei mixomiceti presenti nella Riserva Pian de le Stele.

    La Riserva è costituita da un bosco misto di abete rosso, abete bianco e faggio. L’orientamento dell’intera località, prevalentemente verso Nord-Est, favorisce condizioni di umidità e di conseguenza la proliferazione di funghi, alghe e bat- teri. In tale contesto, i mixomiceti operano come “predatori microscopici “di batteri e di demolitori di particelle organiche che l’habitat mette largamente a disposizione.

    I generi di mixomiceti maggiormente rappresentati nella Riserva sono: Arcyria (3 specie), Lycogala (3), Stemonitis (3) e Trichia (5). Le specie segnalate più fre- quentemente sono: Lycogala terrestre (12 campionamenti), Tubifera ferruginosa (9), e Ceratiomyxa fruticulosa (5, 7 se conteggiamo l’affine C. poroides).

    Lycogala terrestre si manifesta con fruttificazioni globose di 1 cm di diametro fissate sulla legna marcescente di conifera; il loro colore varia dal rosa-salmone, all’arancio. Durante la maturazione, il colore vira al grigio-brunastro e contem- poraneamente il plasmodio si “asciuga”, producendo le spore di colore grigio. Si tratta di un mixomicete molto frequente in ogni latitudine, a condizione che il clima provveda a mantenere la temperatura minima non sotto i dieci gradi. Tubifera ferruginosa forma fruttificazioni “a cuscinetto” di 2 -3 cm costituite da una colonia di sporangi fittamente disposti, di colore rosa-corallo brillante da giovane, fino a rosso-lampone, virante ad un colore brunastro (ferro arrugginito) a completa maturazione. Anche questa specie predilige la crescita su ceppaie di aghifoglie.

    Tra le specie più frequentemente segnalate, occorre citare Ceratiomyxa fruticulosa e Ceratiomyxa porioides (quest’ultima è considerata da alcuni una semplice va- rietà della precedente); questi organismi assumono la curiosa forma che ricorda coralli marini di colore bianco. Si possono rinvenire su qualsiasi tipo di legname, a condizione di permanente umidità: tra i Myxomycetes, sembra rappresentino, infatti, le uniche due specie che mantengono l’umidità durante la maturazione delle spore (che può venire vanificata in seguito all’esposizione ai raggi solari o anche di vento secco).

    Nel genere Arcyria, rappresentato nella Riserva da tre diverse specie, i minuscoli corpi fruttiferi (alti poco più di 1 mm, compresa la “columella”, cioè il loro stipite) assumono forme ancora più singolari, in questo caso di calici di colore bianco, giallo, o rosso, dal cui bordo superiore si estende una “maglia a rete” sulla quale maturano le spore.

    Nelle tre specie appartenenti al genere Stemonitis le fruttificazioni formano co- lonie alte circa 1,5 cm costituite da sporangi appressati, di colore bruno, la cui silhouette evoca la forma di un albero di cipresso in miniatura.

    Genere assai numeroso di specie si è dimostrato Trichia (5 specie solo tra quelle che si sono potute determinare con certezza): generalmente di colore arancio o giallo a maturazione, per la loro forma e per la loro modalità di crescita, tra le più appariscenti, simulano le uova di insetto. Anche in queste, l’altezza dei singoli sporangi non supera il millimetro.

    Per finire questo rapido excursus, è incoraggiante segnalare la presenza di Lycogala epidendrum, una specie rara, caratteristica degli ambienti a basso gra- do di inquinamento atmosferico, e per questo motivo, rinvenuta generalmente in boschi montani incontaminati, ad altitudini superiori ai 1200 m. Simile alla più frequente L. terrestre, manifesta una forma sferica di colore rosso carminio, mentre a maturazione le spore assumono una sfumatura verdastra (grigiastra in L. terrestre).

    Nelle foto riportate (Figg. 17-22) sono rappresentati alcuni dei mixomiceti trovati in Riserva, la maggior parte dei quali non superano il millimetro.

    Briofite

    (a cura di Paola De Conti)

    Materiali e metodi

    La ricerca si è concretizzata in numerose escursioni, compiute in modo da coprire il più possibile integralmente il territorio della Riserva, durante il 2020 e 2021, in tutti i mesi ad esclusione di quelli con copertura nevosa.

    L’indagine ha gli scopi di contribuire alla conoscenza della flora briologica del Cansiglio, ampliando l’elenco delle briofite finora conosciute; di conoscere quale substrato sia più ricco di specie; di raffrontare i risultati ottenuti con i dati di livello regionale e nazionale; di identificare eventuali specie rare o a rischio estinzione e di confrontare i risultati con quelli di ambienti simili.

    Per ogni campione sono state registrate le coordinate, l’altitudine s.l.m. (GPS utilizzato: GARMIN eTrex10) ed eventuali indicazioni ecologiche.

    I campioni per la maggior parte sono stati determinati da Silvio Scortegagna, alcuni da Paola De Conti.

    Per tale determinazione sono stati utilizzati un microscopio Ziel, uno stereomicroscopio Ziel, un microscopio digitale Celestron, numerosi testi (ATHERTON et al., 2010; CASAS et al., 2009; CORTINI PEDROTTI, 2001; CORTINI PEDROTTI, 2005; FRAHM et al., 2004; FREY et al., 2006; SMITH, 1990; SMITH, 2010) ed i siti https://www.britishbryologicalsociety.org.uk, https://itis.gov, https://inpn.mnhn.fr.

    La nomenclatura è stata aggiornata secondo ALEFFI et al. (2020) sia per le epa- tiche che per i muschi.

    Tutte le specie censite sono state raccolte dall’Autrice ed i campioni sono conservati in un erbario presso il Giardino Botanico “G.G. Lorenzoni”, in Pian Cansiglio.

    Ecologia

    In questo ambiente, che fin dall’inizio è apparso ricchissimo di briofite, si è voluto indagare su quale substrato (suolo, roccia, legno marcescente, parte basale dei tronchi verticali e rami) si siano sviluppate le varie specie. Questo ha permesso di stabilire dove sia maggiore la biodiversità briologica.

    Confronto con pubblicazioni riguardanti il Cansiglio

    Si è operato un confronto con le pubblicazioni precedenti riguardanti il Cansiglio, che citassero anche la flora briologica, al fine di capire quali specie potessero essere nuove segnalazioni.

    Sono state considerate le seguenti pubblicazioni: BORSATO E SCORTEGAGNA (2016); PAVAN et al. (2000); LORENZONI (1978); RAZZARA et al. (1978); MARCHIORI et al. (1978); PAVAN (1997); TOMASELLA (2009); HOFMANN (1995).

    Confronto con pubblicazioni riguardanti: Friuli Venezia Giulia, Veneto, Italia

    Utilizzando ALEFFI, TACCHI, POPONESSI (2020) si sono ricavate informazioni riguar- do la presenza in Friuli Venezia Giulia e in Veneto delle specie censite (il confine tra le due regioni è a poche centinaia di metri dalla Riserva). Utilizzando lo stesso testo, è stato riportato il numero di regioni italiane in cui la specie è presente.

    Liste Rosse

    È stata verificata l’eventuale presenza di alcune specie nella Lista Rossa della Flora Italiana 1. (2013). Per poter evidenziare le specie meno comuni, in mancanza di una lista rossa regionale del Friuli Venezia Giulia, sono state utilizzate la Lista Rossa delle Briofite del Trentino (CORTINI PEDROTTI & ALEFFI, 2011) e la Lista Rossa delle Briofite minacciate in Svizzera (SCHNYDER et al., 2004).

    Di tutte le categorie di rischio (http://www.iucn.it/categorie.php) sono state considerate le seguenti: NE (non valutato), DD (dati insufficienti), LC (minor rischio), NT (quasi minacciata), VU (vulnerabile), EN (minacciata).

    Confronto con pubblicazioni riguardanti l’Altopiano di Asiago e la Foresta di Paneveggio

    Si è ritenuto interessante confrontare i dati briologici raccolti nel sito dell’inda- gine con quelli presenti in due recenti lavori su ambienti forestali: Altopiano di Asiago (SCORTEGAGNA, 2018) e Foresta di Paneveggio (SGUAZZIN, 2018).

    Risultati e discussione

    A. HOFMANN (1995), nella sua relazione su “Le Riserve Naturali del Cansiglio Orientale” REG. FVG a proposito della Riserva di Pian de le Stele scriveva: “… l’ambiente è sempre saturo di umidità atmosferica, come denotano il tappeto di muschi che copre le rocce e gli abbondanti licheni, che pendono dai rami degli alberi. La ricchezza dei muschi è straordinaria. Si conta non meno di una ventina di specie diverse…”

    In effetti l’abbondanza di muschi, che ricoprono non solo suolo e blocchi rocciosi, ma anche parte dei tronchi e dei rami, conferisce a questo luogo un aspetto dav- vero unico e l’aver trovato 70 specie di muschi e 16 di epatiche in una superficie così limitata è un risultato inaspettato e sorprendente.

    Le 86 specie di briofite censite sono elencate in ordine alfabetico nella tabella n°7, suddivise in muschi ed epatiche.

    Per quanto riguarda i muschi, sono rappresentate 29 Famiglie: quella delle Brachytheciaceae è la più ricca di specie (11). Per le epatiche sono 12 le Famiglie presenti: la più numerosa, con tre specie, è quella delle Metzgeriaceae.

    Tab. 7. Check-list della flora briofitica.
    Legenda:
    * = nuova segnalazione per il Cansiglio
    x = presente
    NE = non valutato
    DD = dati insufficienti
    LC = minor rischio
    NT = quasi minacciata
    VU = vulnerabile
    EN = minacciata
    ○ = dato basato su raccolte pubblicate prima del 1968
    ● = dato basato su raccolte pubblicate durante o dopo il 1968.

    Ecologia

    Delle 70 specie di muschi il 52,5% cresce su roccia, il 22,5% su legno marce- scente, il 15% sul suolo ed il 10% su tronchi verticali e rami (Fig. 23). Come già notava HOFMANN nella sua relazione (HOFMANN, 1995), Eurhynchium angustirete e Hylocomiadelphus triquetrus, che sono stati trovati su quasi tutti i substrati, ancor oggi sono i più frequenti.

    A differenza dei muschi, delle 16 epatiche il 42% delle specie predilige il legno marcescente ed il 37% i tronchi verticali e i rami, soltanto il 10,5% si trova su suolo e 10,5% su roccia (Fig. 24).

    Confronto con pubblicazioni riguardanti il Cansiglio

    I dati finora disponibili sulla flora briologica del Cansiglio non sono molti e tra le otto pubblicazioni di cui si è potuto disporre, l’elenco più significativo è quello in BORSATO & SCORTEGAGNA (2016). Delle 70 specie di muschi trovate, solo 26 sono state già citate per il Cansiglio, la maggior parte una sola volta, tre specie due volte, quattro specie tre volte e unicamente Climacium dendroides cinque volte e Pleurozium schreberi sei volte.

    Per quanto riguarda le epatiche, le prime citazioni si trovano in BORSATO & SCOR- TEGAGNA (2016): delle 16 specie rinvenute, solo quattro sono confermate. Si può quindi affermare che l’attuale ricerca, in base alla bibliografia citata, ha portato alla nuova segnalazione per la Foresta del Cansiglio di 44 specie di muschi e 12 specie di epatiche.

    Confronto con pubblicazioni riguardanti: Friuli Venezia Giulia, Veneto, Italia

    In ALEFFI et al. (2020) tutte le 86 specie di Briofite risultano presenti in Italia e in Friuli Venezia Giulia, in Veneto invece cinque specie di muschi e un’epa- tica sono note solo in raccolte pubblicate prima del 1968 ed al momento non confermate. Dieci specie sono poco comuni e infatti sono segnalate in meno di dieci regioni. È interessante notare come Eurhynchium angustirete, citato per la sua predominanza nell’area di studio già nel 1995 da A. HOFMANN, sia presente solamente in sette regioni italiane. Tra le epatiche sette sono segnalate in meno di dieci regioni e Metzgeria violacea, abbastanza comune sui rami degli alberi, oltre che in Friuli Venezia Giulia è segnalata solamente in Trentino Alto Adige.

    Confronto con pubblicazioni riguardanti l’Altopiano di Asiago e la Foresta di Paneveggio

    La ricchezza di specie della Riserva Pian de le Stele si evidenzia anche dal confron- to con altri studi briologici di ambienti forestali abbastanza vicini: gli Altopiani di Asiago, Vezzena e Luserna (SCORTEGAGNA, 2018) e la Foresta di Paneveggio e immediati dintorni (SGUAZZIN, 2018).

    I dati emersi dall’indagine sulla flora briologica degli Altopiani di Asiago, Vezzena e Luserna indicano una consistenza pari a 295 taxa (50 epatiche e 245 muschi), invece quelli della Foresta di Paneveggio sono pari a 126 specie (44 epatiche e 82 muschi).

    La percentuale dei muschi è di circa l’80% nella Riserva e negli Altopiani (Figg. 25, 27), invece nella Foresta di Paneveggio questa % è minore, a favore invece del notevole 35% di epatiche (Fig. 26).

    Dal confronto con gli elenchi di SCORTEGAGNA e SGUAZZIN, risultano mancanti in entrambi i seguenti muschi: Antitrichia curtipendula, Oxyrrhynchium schlei- cheri, Platydictya jungermannioides, Taxiphyllum wissgrillii; anche due specie di epatiche, Nowellia curvifolia e Riccardia latifrons subsp. latifrons, sono presenti solo nella Riserva Pian de le Stele.

    Liste Rosse

    Nessuna delle briofite censite è presente nella Lista Rossa Italiana.

    Secondo la Lista Rossa del Trentino risultano quasi minacciate Dicranodontium denudatum e Blepharostoma trichophyllum subsp. trichophyllum; vulnerabili Neckera pumila e Lepidozia reptans; minacciate Eurhynchium angustirete, Ric- cardia latifrons subsp. latifrons e Riccardia palmata.

    Per quanto riguarda il confronto con la Lista Rossa Svizzera, quasi tutte le specie sono considerate a minor rischio o non sono state valutate o hanno dati insuffi- cienti, solo Neckera pumila è classificata vulnerabile.

    Licheni

    (a cura di Marilena Dalle Vedove)

    Materiali e metodi

    La Foresta del Cansiglio rappresenta un vasto ed importante habitat per i licheni e per la loro conservazione, grazie alle caratteristiche ambientali e alla continuità ecologica che la sua lunga gestione ha permesso di creare. Questo ambiente ha stimolato numerose ricerche, condotte da vari autori e in un ampio spazio tem- porale, e con questo lavoro si vuole contribuire con una prima check-list di specie della Riserva Pian de le Stele. Trattandosi di una prima indagine conoscitiva, è stato scelto di concentrarsi principalmente sulle specie epifite a tallo folioso o fruticoso, a cui si sono poi aggiunti taxa crostosi di facile identificazione. I cam- pioni sono stati quindi raccolti su corteccia e legno a vari stadi di decomposizione di abete rosso, abete bianco e faggio e su muschi epifiti, soprattutto alla base dei tronchi. L’erbario realizzato sarà conservato presso il Giardino Botanico “G. G. Lorenzoni”.

    I campionamenti si sono svolti attraverso una accurata indagine nelle tre aree di riferimento e raccogliendo ulteriore materiale in tutta l’area di studio. I licheni raccolti sono stati determinati mediante osservazioni allo stereomicroscopio e, se necessario, al microscopio biologico; sono anche stati utilizzati semplici spottest  chimici con idrossido di potassio e ipoclorito di sodio.

    Per l’identificazione delle specie licheniche sono state consultate chiavi analitiche generali (CLAUZADE et al. 1985; NIMIS, 1987), mentre per alcuni generi le informazioni sono state integrate con materiale specifico (BENESPERI et al., 2012; RANDLANE et al., 2009) e con le chiavi on line pubblicate su ITALIC, versione 07 (NIMIS & MARTELLOS., 2022).

    La nomenclatura è stata aggiornata secondo la check-list dei licheni italiani (NIMIS, 2016; NIMIS & MARTELLOS 2022) disponibile in rete all’indirizzo https://italic. units.it/index.php. Dallo stesso database è stato possibile ricavare ed analizzare, per ciascuna specie, le informazioni relative a indici ecologici quali acidità del substrato, fotofitismo, aridità ed eutrofizzazione. Dalla medesima fonte è stato possibile anche ricavare anche l’indice di poleotolleranza che può essere utilizzato per stabilire il valore di naturalità dell’area.

    Risultati e discussione

    L’elenco dei taxa identificati consiste in 36 specie, ascrivibili a 24 generi differenti. Nella tabella n° 8, oltre alle informazioni sugli indici ecologici e la paleotolleranza, sono indicate in forma sintetica anche le informazioni relativa a: forma di crescita, substrato di raccolta, tipo di riproduzione, fotobionte e grado di rarità (rarity/ commonness), che comprende 9 livelli, assegnati per ognuna delle 9 regioni bioclimatiche in cui è suddivisa l’Italia (NIMIS et al., 2022).

    Analizzando i grafici elaborati degli indici ecologici delle specie (Figg. 34, 35, 36, 37) è possibile fare le seguenti considerazioni: la flora censita predilige substrati da prettamente acidi a subacidi, in linea con l’ambiente di raccolta. Per quanto riguarda l’esposizione alla luce, molte specie, soprattutto quelle distribuite sui rami, prediligono siti in condizioni di luminosità diffusa o abbondante, sono po- che le specie piuttosto sciafile. Gran parte dei taxa predilige situazioni piuttosto igrofitiche o mesofitiche, e con debole o nulla eutrofizzazione.

    Tab. 8. Elenco floristico:
    Legenda:
    Forma di crescita:
    cr = crostoso;
    fol. b. l. = foglioso lobi larghi;
    fol. n. l. = foglioso lobi stretti;
    fru. = fruticoso;
    sq. = squamuloso.
    Riproduzione:
    s. = sessuata;
    a.s. = asessuata tramite soredi;
    a.i. = asessuata tramite soredi;
    a.f. = frammentazione.
    Fotobionte:
    a.v. = alga verde non trentepolioide;
    t. = alga verde appartente al genere Trentepohlia;
    c. = cianobatteri Commonnes/rarity:
    er = estremamente raro;
    vr = molto raro;
    r = raro;
    rr = piuttosto raro;
    rc = piuttosto comune;
    c = comune;
    vc = molto comune;
    ec = estremamente comune.

    L’indice di paleotolleranza (Fig. 38) permette di valutare la tendenza di ciascuna specie di essere presente in aree con differenti gradi di disturbo antropico. Questo indice è applicato solo alle specie epifite e può esser utile per evidenziare la continuità ecologica di una foresta.

    Fig. 34. Caratterizzazione ecologica dei licheni in termini di pH del substrato. Ciascun indice presenta cinque classi e una specie può appartenere ad una o più classi in base all’ampiezza del proprio range ecologico.
    Fig. 35. Caratterizzazione ecologica dei licheni in termini di irradiazione solare. Ciascun indice presenta cinque classi e una specie può appartenere ad una o più classi in base all’ampiezza del proprio range ecologico.
    Fig. 36. Caratterizzazione ecologica dei licheni in termini di aridità.
    Ciascun indice presenta cinque classi e una specie può appartenere ad una o più classi in base all’ampiezza del proprio range ecologico
    Fig. 37. Caratterizzazione ecologica dei licheni in termini di eutrofizzazione. Ciascun indice presenta cinque classi e una specie può appartenere ad una o più classi in base all’ampiezza del proprio range ecologico.
    Fig. 38. Caratterizzazione dei licheni, in termini di poleotolleranza: l’indice presenta quattro classi e una specie può appartenere ad una o più classi in base all’ampiezza della propria tolleranza al disturbo antropico.
    Tab. 9. Elenco delle specie in Red List.
    Legenda delle categorie IUCN:
    LC = Minor preoccupazione;
    VU = Vulnerabile;
    NT = Quasi minacciata.

    Dall’analisi di questo indice si denota come 10 specie siano generaliste, presentando un ampio spettro di tolleranza al disturbo antropico, con indici che vanno da habitat naturali/seminaturali ad aree fortemente antropizzate (indici da 1 a 3), mentre 13 specie sono strettamente legate ad habitat indisturbati o naturali/seminaturali (indici 0 e 1). Questo aspetto suggerisce che si stia instaurando una buona continuità ecologica nella foresta.

    Tre specie sono inserite nella lista rossa nazionale dei licheni epifiti (NASCIMBENE et al., 2013): queste specie si sono rivelate molto sensibili al disturbo antropico (Tab.9): Si segnala, in particolare la diffusione di un macrolichene molto appariscente e di facile identificazione: Lobaria pulmonaria. Questa specie è piuttosto frequente in Italia ma in regressione a causa di inquinamento atmosferico e di gestioni sel- viculturali intensive che portano ad una frammentazione del suo habitat. Inoltre, presenta un accrescimento molto lento ed il potere dispersivo della riproduzione tramite soredi risulta limitato spazialmente, non da ultimo per sviluppare corpi fruttiferi sono necessarie condizioni ecologiche stabili per diversi anni (DALLE VEDOVE et al., 2004).

    Per tutti questi motivi, può essere considerata specie indicatrice di continuità ed integrità ecologica in foreste mature. I siti in cui è presente ed abbondante la specie, hanno importanza in termini di conservazione della biodiversità, e spesso in associazione a Lobaria pulmonaria vi possono essere specie che, anche a livello nazionale, sono rare e sensibili alla minima variazione delle condizioni ambientali (NASCIMBENE et al., 2007; NASCIMBENE et al., 2010; NASCIMBENE et al., 2013; BENESPERI et al., 2018).

    Mammiferi

    (a cura di Enrico Bortolotto)

    Materiali e metodi

    L’indagine è stata effettuata da giugno 2021 a maggio 2022 e ha visto l’impiego di tre fototrappole modello:

    • Apeman H60 Trail camera
    • Campark T45 Trail Wildlife Game Camera
    • Victure HC300

    le cui caratteristiche sono riassunte nella tabella n°10.

    Nei tre dispositivi, il processo di attivazione e di cattura dell’immagine avviene con la modalità passiva a infrarossi (Passive Infrared, PIR): essa induce l’attivazione nel caso in cui la differenza tra la temperatura dell’aria e quella di un oggetto presente nell’inquadratura superi una certa soglia (MEEK et al., 2012). Questa soglia è configurabile tramite 3 modalità: bassa, media e alta.

    Inoltre, i tre modelli di fototrappola scelti permettono l’acquisizione di imma- gini senza l’utilizzo di una sorgente luminosa istantanea (flash), che potrebbe comportare un disturbo alla fauna.

    Analisi dei settaggi configurati

    1. Apeman H60 Trail camera

    Questo modello è in grado di raccogliere sia immagini, con possibili valori di risoluzione da 4 a 20MP, sia video con risoluzione di 1080p. Possiede un angolo di ripresa di 110° e un tempo di attivazione di 0.4 s. Per il caso studio, è stata impostata in modalità foto + video.

    • Modalità: foto + video: questa modalità è stata scelta perché permette di ottenere un’istantanea del soggetto per una prima identificazione e un eventuale ripresa del suo comportamento, fornendo così un dato più completo.
    • Risoluzione foto: 8MP: la risoluzione delle immagini è stata impostata a 8MP in quanto sufficiente al riconoscimento delle specie, perché occupa una ridotta quantità di spazio di memoria e facilita le operazioni di trasferimento.
    • Risoluzione video: 1080p (FHD): La risoluzione dei video è stata impostata a 1080p (FHD) poiché fornisce una buona qualità dell’immagine facilitando il riconoscimento delle specie.
    • Raffica: 2 scatti + 45s video: un numero di 2 scatti e ripresa video di 45s per raffica è stato considerato adatto al riconoscimento delle specie ritratte negli eventi e non eccessivo riguardo allo spazio di memoria occupato.
    • Intervallo tra ogni attivazione: 3 minuti: l’intervallo scelto permette di ridurre il numero di eventuali scatti e video senza soggetti dovuti a movimenti d’ombra, garantendo al contempo l’acquisizione di materiale.
    1. Campark T45 Trail Wildlife Game Camera

    Questo modello è in grado di raccogliere sia immagini, con possibili valori di risoluzione da 4 a 20MP, sia video con risoluzione di 1080p. Possiede un angolo di ripresa di 120° e un tempo di attivazione di 0.3 s. Per il caso studio, è stata impostata in modalità video.

    • Modalità: video: questa modalità è stata scelta perché permette di ottenere l’identificazione e la ripresa del comportamento del soggetto.
    • Risoluzione video: 720p (HD): la risoluzione dei video è stata impostata a 720p (HD) in quanto sufficiente al riconoscimento delle specie, perché occupa una ridotta quantità di spazio di memoria e facilita le operazioni di trasferimento rispetto a risoluzioni maggiori.
    • Raffica: 30s video: una ripresa video di 30s per raffica è stata considerata adatta al riconoscimento delle specie ritratte nelle singole riprese.
    • Intervallo tra ogni attivazione: 3 minuti: l’intervallo scelto permette di ridur- re il numero di eventuali video senza soggetti dovuti a movimenti d’ombra, garantendo al contempo l’acquisizione di materiale.
    1. Victure HC300

    Questo modello è in grado di raccogliere sia immagini, con possibili valori di risoluzione fino a 20MP, sia video con risoluzione di 1080p. Possiede un angolo di ripresa di 60° e un tempo di attivazione di 0.3 s. Per il caso studio, è stata impostata in modalità video e puntata verso il suolo per il rilievo di microfauna.

    • Modalità: foto: questa modalità è stata scelta perché permette di ottenere un’istantanea del soggetto per una prima identificazione e un eventuale ripresa del suo comportamento, fornendo così un dato più completo.
    • Risoluzione video: 720p (HD): la risoluzione dei video è stata impostata a 720p (HD) in quanto sufficiente al riconoscimento delle specie, perché occupa una ridotta quantità di spazio di memoria e facilita le operazioni di trasferimento rispetto a risoluzioni maggiori.
    • Raffica: 20s video: una ripresa video di 20s per raffica è stata considerata adatta al riconoscimento delle specie ritratte nelle singole riprese; inoltre, questo lasso di tempo evita l’acquisizione di eccessivi video senza soggetti dovuti alla velocità di movimento della microfauna.
    • Intervallo tra ogni attivazione: 3 minuti: l’intervallo scelto permette di ridurre il numero di eventuali scatti e video senza soggetti dovuti a movimenti d’ombra, garantendo al contempo l’acquisizione di materiale.

    Come fonte di alimentazione, per ogni fototrappola sono state utilizzate 8 bat- terie AA da 1.5V.

    Come supporto di memorizzazione, per tutte le fototrappole sono state utilizzate schede microSD, con uno spazio di memoria variabile tra i 32 GB e 64GB.

    In linea all’inquadramento di area Wilderness, ovvero assenza di disturbo an- tropico per favorire la libera evoluzione del sito, non sono state utilizzate esche o attrattivi olfattivi come invece sperimentato in altri casi studio di bibliografia (SPADA et. al., 2016).

    La scelta dei punti d’installazione delle fototrappole si è basata sull’osservazione del terreno per l’individuazione di eventuali segni che suggerissero il passaggio di animali, quali: piste, presenza di impronte, escrementi o ciuffi di pelo, resti di cibo (SANTI et. al., 2020). Successivamente, le fototrappole sono state fissate ad alberi mediante supporto fisso che garantisse al contempo stabilità e un certo grado di aggiustamento dell’inquadratura qualora quest’ultima fosse stata alterata (passaggio animali, carico nivale, manomissione antropica intenzionale).

    A intervalli di 30 giorni, si è proceduto ad effettuare dei controlli per verificare il corretto funzionamento, lo stato delle batterie, della memoria e ad effettuare il cambio di scheda SD per l’analisi del materiale video/fotografico.

    Tab. 10. Caratteristiche principali delle fototrappole utilizzate.

    Risultati e discussione

    Le fototrappole, rimaste in campo per un totale di 353 giorni, hanno permesso di individuare nell’area di studio 11 specie (nove di mammiferi e due di uccelli), riportate nella tabella n°11.

    Delle 11 specie rinvenute nove appartengono alla classe Mammalia e due alla classe Aves. Tra i mammiferi, il gruppo più numeroso riscontrato negli scatti e riprese risulta essere quello degli ungulati, seguito da quello dei carnivori e dei roditori. Questo sbilanciamento sulla prima classe può essere spiegato dal posizionamento delle fototrappole in corrispondenza dei percorsi utilizzati soprattutto dai mammiferi e dalla maggiore stazza rispetto agli uccelli, aspetto quest’ultimo che facilita l’innesco dei dispositivi di rilevamento.

    Tab. 11. Elenco delle specie fototrappolate nell’area di studio.

    Dal punto di vista conservazionistico, le specie rilevate sono classificate dalla lista rossa IUCN nella categoria LC (least concern, o a minor preoccupazione), quindi non a rischio di estinzione nel breve o medio termine. Tra queste, il gatto selvatico è presente nell’allegato IV della direttiva Habitat 92/43/ (CEE, 1992), mentre il lupo negli allegati II e IV.

    La rilevazione di predatori quali faina, gatto selvatico e lupo (quest’ultimo clas- sificabile come predatore apicale) e di prede come i diversi ungulati e roditori conferma inoltre la presenza delle diverse componenti fondamentali della catena trofica terrestre.

    Aree di saggio

    (a cura di Veronica Borsato)

    Materiali e metodi

    In tre aree di saggio, ognuna di 100 m² (denominate Plot 1, Plot 2, Plot 3), ritenute significative di tre situazioni ecologiche leggermente diverse, ma che nell’insieme rappresentano gli aspetti più comuni dell’intera Riserva, si sono eseguiti rilievi quali-quantitativi della vegetazione includendo tutte le componenti qui considerate. La posizione dei tre Plot è indicata nella figura n°1. Per attribuire l’abbondanza relativa delle varie specie sono stati utilizzati i coefficienti di ricoprimento della scala proposta da PIGNATTI (1952-1953), nella quale +<1%, 1=1-20%, 2=20-40%, 3=40-60%, 4=60-80%, 5=80-100%. Per ognuno dei rilievi effettuati sono riportati altitudine, coordinate geografiche (GPS utilizzato: GARMIN eTrex 10), copertura totale/arborea/erbacea/briofite. Per i Mixomiceti e per i Macrolicheni si è ritenuto più opportuno segnare soltanto la presenza con *, in quanto tali specie sono state trovare quasi tutte su tronchi e la valutazione della copertura a terra è stata per lo più impossibile. Inoltre, per favorire il lettore nel valutare l’ambiente di studio, la flora vascolare è stata suddivisa in specie arboree, arbustive, erbacee, mettendo in risalto le felci.

    Risultati e discussione

    Nella tabella n°12 viene riportata la biodiversità presente nelle tre aree di saggio: Questa indagine ha permesso di individuare 153 diverse specie in soli 300 mq di superficie. Nei tre Plot Fagus sylvatica è più abbondante di Abies alba e di Picea abies e il sottobosco è dominato da Oxalis acetosella, Cardamine trifolia e dalle felci Gymnocarpium dryopteris e Athyrium filix-femina. Tra i muschi, presenti su diversi tipi di substrati, i più comuni e più abbondanti sono: Eurhynchium angu- stirete, Hypnum andoi, Hypnum cupressiforme e Plagiomnium undulatum.

    Tab. 12. Abbondanza relativa delle specie nelle tre aree di saggio. Per Mixomiceti e Macrolicheni è segnalata solo la presenza (*=presente).

    Come in tutta la Riserva, anche nei Plot il maggiore contributo alla biodiversità viene dato dai macromiceti, tutti presenti con coperture <1%; le specie più comuni, presenti in tutte e tre le aree di saggio, sono tre: sono Inocybe nitidiuscula, Mycena bresadolana e Mycena rubromarginata. Il genere più rappresentato è quello delle Mycene, e possiamo affermare che i tronchi marcescenti della Riserva hanno offerto il substrato per abbondanti e spettacolari fruttificazioni di questi eleganti macromiceti. Per quanto riguarda i mixomiceti, tutte le specie sono state trovate su legno marcescente. I macrolicheni censiti sono stati raccolti per lo più sul tron- co e sui rami di piante vive, altri su ceppaie e tronchi marcescenti; come si può dedurre dalla tabella, le specie censite sono quasi tutte comuni a tutti e tre i Plot.

    Indagini su legno marcescente e su schianti

    (a cura di Veronica Borsato)

    Materiali e metodi

    Per valutare la biodiversità associata al legno morto si è rilevata la presenza delle specie dei diversi gruppi tassonomici su tre campioni di legno marcescente nelle vicinanze del Plot 1:

    • 1 tronco a terra di probabile Abies alba,
    • 1 tronco in piedi di probabile Abies alba,
    • 1 catasta di tre alberi, probabili Abies alba e Picea abies.

    Poiché durante l’inverno 2020-2021 ci sono stati numerosi schianti, si sono volute studiare le briofite e i macrolicheni presenti sui loro tronchi e rami. Si è inoltre preferito riportare solo i dati di presenza, in quanto l’utilizzo dei coefficienti di ricoprimento proposti da PIGNATTI (1952-1953) si è dimostrato subito di difficile applicazione su tronchi e rami.

    Tab. 13. Lunghezza, diametro di base, altitudine, piante vascolari, muschi, epatiche, macromiceti, mixomiceti, macrolicheni censiti sui legni marcescenti e sugli alberi vivi schiantati.

    Risultati e discussione

    Nella tabella n°13 vengono riportati i principali dati descrittivi dei tronchi mar- cescenti e degli alberi schiantati e la biodiversità presente su di essi.

    Nella tabella n°14 vengono riassunti i dati emersi.

    Tab. 14. Tabella riassuntiva (piante vascolari, muschi, epatiche, macromiceti, mixomiceti, macrolicheni, totale) della biodiversità presente sui legni marcescenti e sugli alberi vivi schiantati.

    Sul legno marcescente studiato sono presenti 67 specie a testimoniare come la vita si trasmette abbondantemente là dove c’è forte apporto di sostanza organica da parte di organismi morti, in questo caso vegetali. Anche la biodiversità briofitica e lichenica sugli schianti è molto elevata: 25 specie.

    Fotografia: ambiente condiviso

    (a cura di Egidio Alpago)

    Materiali e metodi

    Fin da subito, entrando nella Riserva Pian de le Stele, ci si accorge che essa è diversa dalle circostanti zone boschive: “selvaggia e trasandata”, un “luogo fuori dal tempo”, raro e insolito. Da qui l’idea di affidare a un fotografo l’incarico di immortalare la peculiarità di questo luogo con le sue foto. L’attività di reportage sull’ambiente è iniziata nel 2019 con immagini del paesaggio, successivamente si è passati alla macrofotografia per mettere in evidenza gli aspetti più piccoli e spesso inosservati. La Riserva è stata frequentata in tutte le stagioni per poterne cogliere i vari aspetti, ma il periodo che ha suscitato più interesse fotografico è stato l’autunno: in questa stagione il colore delle foglie e la luce radente creano giochi di colore e immagini calde ed espressive. Sono state usate le fotocamere Pentax K1 Full-Frame (24X36 mm) e Pentax KP APS-C, un obiettivo Pentax DFA 100 mm F2,8 macro, all’occorrenza un tubo prolunga da 25 mm (accoppiato all’ottica macro per aumentare il rapporto di ingrandimento) e un treppiede. Come luce ausiliaria, per togliere ombre eccessive, è stata usata una lampada LED con filtro soft oppure un flash con diffusore. L’elaborazione dei RAW è avvenuta tramite software Adobe Camera RAW con finitura in Photoshop.

    Risultati

    Nel corso degli anni sono state scattate centinaia di foto. A livello paesaggistico è stata data evidenza alle zone con legno schiantato e marcescente, già utilizzato da altri esseri viventi come substrato di crescita; buoni risultati si sono avuti con i muschi e i funghi. Per ottenere un documento che potesse testimoniare l’ambiente della Riserva e farlo apprezzare nelle sue peculiarità, si è pensato di creare una multivisione, associando le immagini alla musica, visibile digitando il link https://www.svsn.it/i-silenzi-di-pian-del-le-stele/ oppure inquadrando il seguente QRcode (Fig. 51)

    Conclusioni

    (a cura di Veronica Borsato)

    Il presente studio vuole essere innanzitutto un contributo approfondito alla conoscenza di alcuni aspetti della biodiversità di questa piccola area soggetta a tutela integrale, un tassello di rilevanza conservazionistica a sostegno delle scelte protezionistiche fatte nel lontano 1971. Sono state trovate 143 specie di piante vascolari, 290 di macromiceti, 27 di mixomiceti, 70 di muschi, 16 di epatiche, 36 di licheni e 9 di mammiferi, per un totale di 591 taxa, in una superficie complessiva di soli ha 23,08. Come appare evidente, il maggiore contributo alla biodiversità è dato dai macromiceti. Tale biodiversità è dovuta all’elevato numero di specie vegetali che sono presenti in quest’area boschiva, ma soprattutto alla grandis- sima quantità di legno marcescente a terra, in diversi stadi di decomposizione. L’elevata umidità dell’aria, le buone condizioni di ombreggiamento e un terreno ricco di humus là dove non ci sono rocce affioranti, certamente contribuiscono a favorire tale abbondanza di specie. Sono proprio le 67 specie presenti in soli 5 tronchi marcescenti a sorprendere: tale elevata quantità di taxa conferma l’im- portanza della pratica di abbandonare sul terreno legno morto. Si è anche cercato di fare una stima della qualità ambientale: tra le specie vascolari circa il 44 % è rappresentato da specie sinantropiche/antropogene e ciò può suggerire che, nonostante l’aspetto naturale, in realtà la Riserva porta ancora i segni dell’impatto antropico subito fino a 50 anni fa e che comunque perdura lungo tutti i suoi confini. Dall’analisi dell’indice lichenico di paleotolleranza risulta che il 36 % delle specie licheniche è legato ad habitat indisturbati o naturali/seminaturali. Dunque qualche segnale positivo che, almeno in alcune sue parti, la Riserva si sta avviando verso la naturalità. Poiché la struttura della Riserva (con aspetti che ricordano boschi antichi) nel complesso è molto diversa da quella della circostante Foresta del Cansiglio, si sono volute trasmettere al lettore alcune immagini che gliela facciano conoscere, e per questo è stata creata una multivisione.

    Ringraziamenti

    Un grazie riconoscente alla Associazione Naturalistica Lorenzoni – Amici del Giardino Botanico Alpino del Cansiglio ODV, Via del Meril 13, Vittorio Veneto (TV), per l’accoglienza di questo progetto all’interno delle loro attività di ricerca e per il contributo economico dato.

    Si ringraziano inoltre il Servizio Biodiversità e l’Ispettorato Forestale, Direzione Centrale Risorse Agroalimentari, Forestali ed Ittiche, Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, per le autorizzazioni alla raccolta di esemplari di piante vascolari, muschi, licheni e funghi.

    Per la flora vascolare: grazie di cuore a Giovanni Roffarè, curatore del Giardino Botanico Alpino del Cansiglio e al Dott. Carlo Argenti, per l’aiuto nella deter- minazione di alcuni campioni.

    Per la micologia: grazie in primo luogo a Cristiano Losi, per la fondamentale opera di riconoscimento dei numerosi funghi corticioidi, stereoidi e polipori. Grazie anche agli amici di seguito elencati, che con le loro osservazioni hanno contribuito a stilare il presente censimento micologico: Livio Lorenzon, Emanuele Campo, Matteo Carbone, Giuliano Ferisin, Rossano Giolo, Luciano Michelin, Fabio Padovan, Carlo Zovadelli.

    Grazie anche a Veronica Borsato, per la sua certosina e instancabile attività di ricerca in campo.

    Per i mammiferi: un sentito grazie va ai miei colleghi di ricerca, che mi hanno accolto e coinvolto attivamente nell’attività di lavoro nonostante le diverse aree di studio trattate. Voglio inoltre ringraziare Mario Cosmo e Mauro Da Ros dell’“Associazione Naturalistica Lorenzoni- Amici del Giardino Botanico Alpino del Cansiglio ODV”: il primo per avermi messo in contatto con questo esperto e consolidato gruppo di lavoro, il secondo per avermi consigliato nel corso dell’intero anno di studio.

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    https://itis.gov
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    Licheni
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    Autori

    • Veronica Borsato

      Da sempre interessata alla Natura, ama soprattutto la montagna ed è innamorata della Foresta del Cansiglio. Ma qualsiasi ambiente naturale, qualsiasi forma di vita, ogni espressione della infinita fantasia e bellezza della Natura è per lei fonte di gioia profonda e di continua meraviglia. Non le basterà questa vita per assaporare tutta la bellezza che la circonda. Laureata in scienze Naturali a Padova da giovane, da adulta ha deciso che non poteva finire così: si è laureata in Scienze biologiche a Trieste e, sempre a Trieste, ha conseguito il dottorato di Ricerca in Biologia Ambientale. Le sue tesi sono state un insieme di Botanica, ecologia e fitosociologia. E’ socia della Società Veneziana di Scienze Naturali dal 1999, nel Direttivo in questi ultimi anni. E’ socia del CAI di Conegliano e dell'Associazione Naturalistica Lorenzoni di Vittorio Veneto. Le cose più belle che ha fatto sono state i suoi 2 figli. Come lavoro ha insegnato Scienze e Chimica nelle scuole superiori e abita in provincia di Treviso.

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    • Enrico Bizio

      Appassionato di micologia, nei primi anni ’80 è tra i soci fondatori della Società Veneziana di Micologia, con sede presso Il Museo di Storia Naturale di Venezia, contribuendo alla creazione di MCVE, il famoso erbario micologico di Venezia. Rivolge principalmente il suo interesse alla flora micologica della Laguna di Venezia (di cui contribuisce al censimento), dei litorali alto-adriatici, dell’Agordino, delle microselve d’alta quota delle Dolomiti. E’ considerato specialista del genere Inocybe ed è scopritore di nuovi taxa di questo genere. E’ autore di numerosi contributi micologici a livello divulgativo e scientifico.

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    • Danilo Signorini
    • Paola De Conti

      Paola De Conti è originaria di Vittorio Veneto (TV) e risiede ad Alpago (BL). Da molti anni si dedica con passione alla ricerca botanica, soprattutto nella zona del Cansiglio-Pizzoc. Collabora da lungo tempo con i curatori del Giardino Botanico Alpino del Cansiglio. Ha partecipato al progetto di ricerca Le piante delle zone umide del Cansiglio pubblicato da Veneto Agricoltura nel 2001.

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    • Marilena Dalle Vedove
    • Enrico Bortolotto
    • Egidio Alpago

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