Riassunto
Nel presente studio viene indagata la biodiversità presente sugli affioramenti rocciosi calcarei nei prati della Foresta del Cansiglio, del Monte Pizzoc e di alcune località limitrofe. Qui una elevata biodiversità (311 specie totali in soli 1569 m² di superficie, corrispondenti alle 49 aree di saggio) si associa a un notevole pregio conservazionistico dovuto a numerosi endemiti della flora vascolare, che in queste aree hanno trovato un habitat-rifugio. Dallo spettro corologico delle piante vascolari si ricava inoltre che circa un quarto delle specie casmofitiche rilevate sono proprie di climi con estati calde e secche. Viene inoltre messa in luce la diversità tra le specie vascolari presenti in questi habitat rupestri e le circostanti praterie. La presenza di dati relativi a briofite, licheni, macromiceti e gasteropodi, evidenzia la grande variabilità di forme presenti in questo habitat Natura 2000.
Abstract
Biodiversity on rocky outcrops in the meadows of Cansiglio Forest, Pizzoc Mountain and some neighbouring localities (Veneto, Italy)
In this study we consider the biodiversity present on the calcareous rocky outcrops in the grasslands of Cansiglio Forest, Pizzoc mountain and some neighbouring localities. Here, a high biodiversity (311 total species in only 1569 m² of surface, corresponding to the 49 test areas) is associated with a remarkable conservation value due to numerous endemics of vascular flora, which have found here a refuge-habitat. From the chorological spectrum of vascular plants it is possible to deduce that about one quarter of the chasmophytic detected species are typical of climates with hot and dry summers. The diversity between the vascular species present in these rocky habitats and the surrounding grasslands is also highlighted. The presence of data on bryophytes, lichens, macromycetes, and gastropods gives the reader a picture of the great variability of forms present in this Natura 2000 habitat.
Introduzione
Nello studio della flora dei prati della Foresta del Cansiglio e del M. Pizzoc (ma anche durante una semplice escursione), è facile imbattersi in microambienti azonali con entità floristiche diverse da quelle circostanti: le formazioni rocciose affioranti. In questi due distretti e nelle tre località vicine prese in considerazione, gli affioramenti rocciosi sono numerosissimi e perciò caratterizzanti il paesaggio. Le rocce sono per lo più calcari marnosi e calcari organogeni, variamente modellati dal fenomeno carsico (carsismo a blocchi, campi solcati) e dagli avvenimenti geologici che hanno interessato questi territori. La bellezza, l’armonia nelle strutture e nei colori e la biodiversità presente su questi affioramenti hanno spinto le autrici a intraprendere la ricerca qui illustrata. Gli scopi principali di questo lavoro sono:
- riempire il vuoto nelle conoscenze di questi microambienti mettendo a disposizione della comunità i dati raccolti in cinque anni di ricerche;
- conoscere l’elevata biodiversità presente;
- confrontare la flora vascolare dei prati circostanti con quella delle formazioni rocciose affioranti in essi;
- descrivere la geologia dell’area di studio per conoscere la storia dei substrati rocciosi oggetto di ricerca.
Per quanto riguarda le indagini floristiche e vegetazionali dei prati-pascoli della Foresta del Cansiglio e del M. Pizzoc si fa riferimento a: BORSATO, 2016; BORSATO, 2021; CANIGLIA et al., 1985; DE CONTI, 2017; DE MARCH, 1994; FIAMOI, 1985; LORENZONI, 1978; MARCHIORI et al., 1978; PIETRIBONI, 2001; VENETO AGRICOLTURA, 2003; VENETO AGRICOLTURA, 2010.
Gli affioramenti rocciosi dentro o ai lati delle praterie sono stati finora trascurati ed esistono soltanto alcuni accenni in LORENZONI (1978) e in LORENZONI et al. (1973).
Inizialmente la ricerca includeva la flora vascolare e quella briofitica; successi- vamente si è visto che altre componenti della biodiversità non potevano essere ignorate e si è deciso di campionare anche i macrolicheni e i gasteropodi più abbondanti presenti nelle aree di saggio. Per quanto riguarda i macromiceti, la cui presenza è stata una vera sorpresa, sono stati raccolti tutti quelli incontrati durante i rilievi.
Area di Studio
Per quanto riguarda le principali caratteristiche geografiche e climatiche della Foresta del Cansiglio si fa riferimento a BORSATO (2021), invece per quelle del M. Pizzoc si veda DE CONTI (2017). Vista l’abbondanza di questi affioramenti e il fatto che la loro natura determini la flora presente su di essi, si è poi deciso di dedicare una parte di questo lavoro alla geologia dei luoghi oggetto di studio e di affidarne la stesura a Fabrizio Bizzarini. In questo modo il lettore, nello scoprire gli aspetti botanici e zoologici qui illustrati, può conoscere l’origine geologica del territorio che li ospita.
Premessa geologica
Scriveva Alexander von Humboldt (1769 – 1859) “non c’è che uno spirito ad animare l’intera Natura … infuso nelle pietre, nelle piante, negli animali e persino nell’uomo”. Così il Cansiglio. Qui geologia, botanica, zoologia e attività umane sono fortemente connesse, quasi animate da un unico spirito. L’esame della biodiversità degli affioramenti rocciosi inizia perciò con un breve esame delle “pietre” e dei paleoambienti dove si sono formate.
Le unità litologiche di quest’area ci raccontano l’evoluzione di una barriera organogena cresciuta fra la fine del Giurassico ed il Cretaceo superiore con estensione da NNE a SSO. Un periodo di oltre 60 milioni di anni. Un tempo profondo, in cui il livello marino si è ora abbassato ed ora innalzato rendendo dinamico lo sviluppo della scogliera ora in avanzamento verso il bacino ora sommersa dal bacino stesso. Perciò in una stessa località si può osservare la successione temporale di più paleoambienti. Ferasin nel 1958 riconosceva nel complesso di scogliera del Cansiglio cinque paleoambienti principali con sviluppo dinamico durante il Cretaceo:
- scogliera organica propriamente detta;
- zona interna alla scogliera;
- zona esterna alla scogliera;
- zona di transizione fra scogliera esterna e mare aperto;
- zona di mare aperto.
Il Monte Pizzoc nel Cretaceo inferiore si trovava in un’area di transizione tra scogliera e bacino dove si alternavano depositi di mare aperto e depositi di ma teriale eroso dalla scogliera esterna. Il sollevarsi del fondale marino ed il conse- guente spostamento della scogliera verso occidente fecero avanzare le associazioni di scogliera esterna fino al Pizzoc. Nel Cretaceo superiore la subsidenza in atto nell’area veneto-friulana determinò invece il ritirarsi della scogliera verso oriente e si depositarono di nuovo i sedimenti dell’area di transizione scogliera-bacino. Infine la trasgressione marina di fine Cretaceo portò il bacino a ricoprire quest’area con la deposizione della Scaglia Grigia ben visibile oggi nel belvedere del Monte Pizzoc. Si alternarono perciò calcari di scogliera e calcari argillosi di bacino, come appunto la Scaglia Grigia, un sedimento di mare profondo.

con evidenti le stratificazioni della
Scaglia Grigia del Cretaceo superiore.

a rudiste del Col dei S’cios
(foto Elena Anna Manfrè).
Presso il Col dei S’cios la piattaforma carbonatica del Cansiglio mostra una diversa successione di paleoambienti. La trasgressione del Cretaceo medio (Albiano – Turoniano) favorì lo sviluppo di associazioni a rudiste ai margini di questa Piattaforma carbonatica. Questi bivalvi colonizzarono con specie e forme diverse l’area del Col dei S’cios che subiva una crescente subsidenza. Nelle aree a maggiore energia e più intenso moto ondoso, che rendeva insta- bili le sabbie carbonatiche dei fondali, si sviluppò una associazione a Caprina schiosensis. Questo bivalve aveva la valva destra piccola e conica e la sinistra più grande e arrotolata così da renderlo più stabile in ambienti ad alta energia. Nell’area più interna si svilupparono invece le piccole scogliere a Radiolites, rudiste con la valva destra ben sviluppata a forma conica o cilindrica e la valva sinistra piccola, piatta con funzione di coperchio superiore della conchiglia. Al Col dei S’cios perciò incontriamo rocce carbonatiche con una importante componente organica, frutto delle scogliere e delle associazioni costruite dalle diverse specie di rudiste.
La conca del Pian del Cansiglio litologicamente si caratterizza per la presenza del Calcare di Monte Cavallo (Cretaceo medio superiore) e della Scaglia Grigia (Cretaceo superiore, Maastrichtiano), quest’ultima in parte coperta da un grande conoide alluvionale.
La Scaglia Grigia è una formazione bacinale di calcari marnosi e marne con presenti lenti di selce. Nell’area ha una giacitura suborizzontale. L’esame micropalentologico fatto presso Valmenera da CANCIAN et al. (1985) attribuisce al Maastrichtiano questi depositi.
La Formazione di Monte Cavallo è composta da calcari bioclastici e calcari sac- caroidi spesso in grossi banchi ed è potente diverse centinaia di metri. Ad est e sudest del Pian del Cansiglio la Formazione di Monte Cavallo presenta una facies di scogliera con presenza di rudiste sia in posizione di vita che rimaneggiate. Sul Pian del Cansiglio invece abbiamo un ambiente di retroscogliera con una grana più fine dei carbonati. La Formazione di Monte Cavallo è presente anche nel Piano di Valmenera, qui l’esame micropalentologico fatto da CANCIAN et al. (1985) ha riconosciuto una tipica associazione di fore reef.
Le successioni litologiche del Pian del Cansiglio e di Valmenera hanno favorito lo sviluppo di un ampio carsismo superficiale a cui corrisponde uno sviluppato carsismo profondo. In realtà queste e altre aree del Cansiglio furono soggette anche ad un carsismo fossile. Infatti verso la fine del Cretaceo Inferiore (Aptiano superiore – Albiano) la piattaforma carbonatica del Cansiglio ebbe una fase di emersione e le sue superfici emerse furono soggette a processi di tipo carsico. La superficie del Cansiglio presenta perciò doline diffuse, a volte coperte dal bosco o dai prati, con inghiottitoi, pozzi, solchi, vallette, grotte e carsismo a blocchi (spesso oggetto del presente studio). Fra le cavità carsiche si possono ricordare il Bus del Pal, che si sviluppa interamente nella Scaglia Grigia attraversandola fino alla profondità di 32 metri; il Bus della Genziana, forse la cavità più impor- tante che attraversa la Scaglia Grigia e la Formazione di Monte Cavallo con uno sviluppo complessivo fra tratti suborizzontali e pozzi di circa 3 chilometri ed una profondità di 582 metri (TONIELLO, 1985).
Infine nei boschi l’erosione carsica può creare interessanti aspetti scenografici, con faggi o conifere che crescono accanto o sopra blocchi rocciosi isolati, prodotti dalla accentuata corrosione dei calcari. Questi blocchi poi vengono modellati dalla continua dissoluzione carsica che trasforma anche la più piccola frattura in una via preferenziale per lo scorrimento dell’acqua.
Materiali e metodi generali
Nell’altopiano del Cansiglio i prati-pascoli, di origine secondaria, occupano la zona centrale, i versanti invece sono ricoperti dalla foresta; all’esterno di questa si trovano le altre zone prative considerate nella ricerca. L’indagine è stata con- dotta quindi sul M. Pizzoc (TV), nella Foresta del Cansiglio (ZSC IT 3230077, Regione Veneto, TV e BL) e nelle tre località limitrofe: Mezzomiglio (BL), Pian delle Lastre (BL) e Col dei S’cios (ZSC IT3310006, Regione Friuli Venezia Giulia, PN). All’indagine sono stati aggiunti questi tre ultimi siti:
- per offrire una conoscenza più ampia possibile sulla biodiversità degli affio- ramenti rocciosi prativi;
- perché le località sono così interessanti che valeva la pena di includerle nella ricerca;
- per fornire dati riguardanti località pressochè assenti nella letteratura floristica.
È da precisare che nell’Altopiano del Cansiglio gli affioramenti rocciosi con- siderati si trovano in: Pian Cansiglio, Pian delle Code, Valmenera, Cornesega, Campedei, Casera Costalta. La ricerca è stata condotta dal 2016 al 2021. Le aree di saggio sono in tutto 49, e sono state scelte in modo da essere accessibili abbastanza facilmente e da rappresentare un po’ tutte le zone prative delle lo- calità interessate; ma anche la loro bellezza e ricchezza in termini di biodiversità è stata una motivazione nella scelta. La localizzazione delle 49 aree di saggio è presente nella Fig. 3, invece i loro codici, l’altitudine, l’esposizione, le coordinate geografiche (GPS utilizzato: Garmin e Trex10) e le superfici sono contenute nell’allegato n. 1.

Nel corso del presente lavoro le 49 aree di saggio sono state riunite nelle cinque località a cui esse appartengono e alle quali si farà sempre riferimento:
- Monte Pizzoc,
- Mezzomiglio,
- Altopiano del Cansiglio,
- Pian delle Lastre,
- Col dei S’cios.
Nella tabella n° 1 vengono riassunte, per ogni località, le caratteristiche principali delle aree di saggio in esse presenti: n° di aree di saggio, altitudine, inclinazione, superfici e coperture.
Per quanto riguarda la morfologia degli affioramenti rocciosi, essi comprendono:
- lastre piatte, molto comuni in Pian delle Lastre e all’interno dell’Azienda Lissandri in Pian Cansiglio,
- massi con superfici laterali più o meno inclinate,
- pareti verticali, a volte a bordo sentiero.
Al fine di escludere il più possibile la flora prativa, i rilievi:
- nelle superfici piatte sono stati fatti all’interno di esse, escludendo un bordo perimetrale di circa 40 cm (che già eliminava una buona parte della superficie disponibile, che era sempre di piccole dimensioni),
- negli affioramenti subverticali/verticali è stato escluso lo zoccolo basale di circa 40-50 cm,
- a volte sono stati fatti “a mosaico”, quando la biodiversità era frammentata in tanti piccoli lembi rocciosi.

Nella banca dati delle autrici, per tutte le specie menzionate sono presenti la localizzazione e le caratteristiche del sito di raccolta.
Per evitare una lettura frammentaria e dispersiva a causa della diversità di ap- proccio di ricerca e approfondimento, con materiali/metodi e risultati diversi, si è pensato di accorpare nei seguenti cinque paragrafi (corrispondenti ai cinque diversi tipi di organismi campionati) sia i materiali e metodi sia i risultati:
- flora vascolare,
- briofite,
- licheni,
- macromiceti,
- gasteropodi.
Flora vascolare
Materiali e metodi
Per la determinazione delle specie è stato utilizzato come testo di base la “Flora d’Italia” (PIGNATTI 2017-2019). Si è dovuto ricorrere poi a numerose altre fonti (AESCHIMANN et al., 2004; BERNINI et al., 2002; EGGENBERG & MOHL, 2013; LAUBER ET WAGNER, 2001; ROTHMALER, 1995) e al sito https://www.actaplantarum.org. Per la nomenclatura si è seguito PIGNATTI (2017-2019). Durante il lavoro di de- terminazione delle specie sono stati utilizzati il microscopio binoculare Novex AP-5 WF10X e il microscopio ottico per biologia OPTECH Mod. B3 (è stato necessario per i gen. Festuca e Poa) disponibili c/o il Giardino Botanico “G. G. Lorenzoni” sito in Pian Cansiglio.
Spettro biologico e spettro corologico
Dall’elenco floristico è stato possibile costruire lo spettro biologico e quello corologico. Le forme biologiche e le classi di geoelementi sono state desunte da PIGNATTI (2017-2019) o, nei pochi casi dubbi, dal sito https://www.actaplanta- rum.org. Successivamente i tipi corologici sono stati raggruppati come da tabella seguente:

Liste rosse e tutela della biodiversità
Gli ambienti considerati in questo studio, pur essendo poco estesi come superfi- cie, presentano specie interessanti non solo perché contribuiscono alla biodiver- sità, ma anche perché minacciate e perciò inserite in alcune liste rosse. Di tutte le categorie di rischio (http://www.iucn.it/categorie.php) sono state considerate le seguenti: DD (dati insufficienti), LC (minor rischio), NT (quasi minacciata), VU (vulnerabile), EN (minacciata), CR (gravemente minacciata).
Sono state evidenziate le specie meno comuni come quelle presenti nella lista rossa di Belluno, Treviso e Veneto (BUFFA et al., 2016), nelle liste rosse italiane (ROSSI et al., 2013; ROSSI et al., 2020), nella lista rossa europea (BILZ et al., 2011) e il loro livello di rischio di estinzione.
Risultati
Le 179 specie di piante vascolari censite sono elencate in ordine alfabetico nella seguente tabella:
Tab. 3. Check-list della flora vascolare censita.
Legenda:
x = presente
DD = dati insufficienti
LC = minor rischio
NT = quasi minacciata
VU = vulnerabile
EN = minacciata
CR = gravemente minacciata
Numerose sono le specie di felci e di angiosperme che sono state capaci di colonizzare gli ambienti rocciosi, contribuendo a determinare una notevole biodiversità vegetale:
- lo sviluppo della flora rupicola è elevato là dove è elevato il numero di appigli, sporgenze e fessure, anche di piccole dimensioni. Ciò avviene facilmente se le rocce sono carbonatiche, come nel nostro caso, perché l’azione erosiva delle acque meteoriche e del gelo/disgelo determina l’alterazione superficiale delle rocce stesse.
- L’abbondante presenza di Ca (nutriente fondamentale per la pianta) nelle minime quantità di suolo che si formano nelle fessure/appigli/sporgenze, è un’altra ragione che spiega questa diversità vegetale in ambienti così appa- rentemente avversi.
Le felci che in Italia vivono sulle rocce non sono molto numerose; qui sono rap- presentate da Asplenium ruta-muraria, Asplenium trichomanes (le più diffuse), Asplenium viride, Cystopteris fragilis, Dryopteris villarii subsp. villarii, Gymno- carpium robertianum.
Le angiosperme rupicole sono maggiormente rappresentate dai generi:
- Carex (8 specie), Festuca (6 specie), Saxifraga (6 specie), Sedum (5 specie).
Tra le specie rinvenute ce ne sono alcune che ben rappresentano i due prevalenti modelli di crescita delle casmofite:
- a rosetta, come Saxifraga crustata e Saxifraga hostii,
- a cuscinetto come Minuartia verna, Silene saxifraga e Globularia cordifolia.
Le specie del genere Sedum, spesso presenti nelle paretine con esposizione verso Sud, hanno sviluppato dei tessuti con funzione di riserva idrica, che conferiscono loro la caratteristica carnosità o succulenza.
La buona disponibilità di nutrienti può determinare inoltre una crescita più rigogliosa, determinando un aspetto “a cespo”, come per es. in Festuca alpestris. Le specie più diffuse, la cui percentuale di presenza nel totale delle 49 aree di saggio supera il 50%, sono riportate qui di seguito, suddivise in tre gruppi a seconda dei loro habitat abituali (ARGENTI et al., 2019):
- piante tipiche degli affioramenti rocciosi: Asplenium ruta-muraria, Asplenium trichoma- nes, Cystopteris fragilis, Potentilla neumanniana, Sedum album e Thymus pulegioides;
- piante dei prati aridi/magri che hanno trovato negli habitat xerici degli affioramenti rocciosi le condizioni adatte per vivere: Helictochloa praeusta e Koeleria pyramidata;
- piante che normalmente vivono sia in prati aridi che su supporti rocciosi: Galium anisophyllon, Lotus corniculatus.
Le specie presenti in tutte e cinque le località sono: Acinos alpinus, Potentilla neumanniana, Sedum sexangulare, Thymus pulegioides.
Per quanto riguarda le coperture superficiali delle varie specie, quasi sempre esse sono state minori dell’1%, salvo alcuni casi nei quali si sono registrati valori compresi tra 1-20% (come per es. con Asplenium ruta-muraria, Juniperus commu- nis, Saxifraga hostii, Sedum album, Sesleria caerulea, Thymus pulegioides): questi hanno dato origine a fioriture di notevolissimo valore estetico. Seleria caerulea, in un unico rilievo sul M.Pizzoc, aveva una copertura tra 20-40%.
Si vuole ora confrontare quantitativamente la flora degli affioramenti rocciosi con quella delle praterie circostanti (tab. n. 4). Ciò è possibile solo per i prati dell’Altopiano del Cansiglio e del M. Pizzoc in quanto solo per essi si hanno i dati che servono alla comparazione (BORSATO, 2017; BORSATO, 2021; DE CONTI, 2017).

In entrambe le località, gli affioramenti rocciosi hanno in comune con le praterie circostanti circa la metà delle specie della loro flora; ciò significa, però, che l’altro 50% circa è loro peculiare e che quindi è sufficiente uno “zoccolo”/bordo di circa 40-50 cm per garantire una tale, enorme, diversità!
Spettro biologico
Lo spettro biologico (Fig. 4), che propone un confronto tra le specie in base alla loro forma biologica, è dominato dalle emicriptofite, che da sole rappresentano il 66,5% del totale, distanziando di molto tutte le altre forme. Il rimanente 33,5% è rappresentato dalle camefite con il 13,4%, e da piccole percentuali di terofite, geofite, nano-fanerofite e fanerofite. Totalmente assenti idrofite ed elofite.

Dal confronto con lo spettro biologico della vicina e circostante flora della Foresta del Cansiglio (BORSATO, 2021) emerge un aumento di circa il 10% delle emicrip- tofite (piante tipiche dei climi temperati), dovuto probabilmente alla maggiore insolazione e quindi riscaldamento degli affioramenti rocciosi qui studiati.
Spettro corologico
Lo spettro corologico (Fig. 5) visualizza la composizione della flora secondo i corotipi, cioè ampie categorie distributive. La sua analisi è molto interessante: si evidenzia una consistente presenza di entità ad areale mediterraneo (21,8%, la presenza più numerosa), che ben si adattano agli elevati sbalzi di temperatura che ci sono nelle ore diurne, specialmente d’estate e soprattutto nelle paretine esposte a Sud, dove le piante risentono anche di una scarsa disponibilità idrica. Se a queste entità mediterranee si aggiungono le specie del SE-Europeo (5,6%), si raggiunge il 27% di specie (circa un quarto del totale) adattate a climi con estati calde e secche. La componente temperata euroasiatica (20,7%) è in linea con quanto ci si aspetta a questa latitudine.
Degna di nota è la presenza del 10,6% di specie endemiche e subendemiche, che testimoniano:
- L’importanza di questo habitat nel preservare specie di rilevanza conserva- zionistica ed estetica, basti pensare ai meravigliosi “tappetini” di Globularia cordifolia. Gli endemiti/subendemiti rilevati sono ben 19: Aconitum tauricum, Festuca alpestris, Festuca norica, Festuca stenantha, Globularia cordifolia, He- lictochloa praeusta, Hieracium porrifolium, Paederota bonarota, Ranunculus montanus, Rhinanthus freynii, Rhododendron hirsutum, Rhodothamnus cha- maecistus, Saxifraga burseriana, Saxifraga crustata, Saxifraga hostii, Saxifraga petraea, Saxifraga squarrosa, Spiraea decumbens, Valeriana saxatilis.
- La funzione di habitat-rifugio che questi ambienti esplicano nel conservare tracce di piante di epoche passate. Questo è anche uno dei motivi che deter- minano la loro peculiare biodiversità.
Se confrontiamo questo spettro corologico con quello della vicina e circostante flora della Foresta del Cansiglio (BORSATO, 2021), è interessante evidenziare che negli affioramenti rocciosi, in termini di percentuale:
- gli endemiti sono triplicati;
- le specie mediterranee sono raddoppiate;
- le specie del SE-Europeo sono quasi raddoppiate;
- le specie boreali o nordiche sono dimezzate;
- sono scomparse le specie avventizie (testimonianza questa di una maggiore naturalità di questi microambienti rispetto a quelli circostanti).

Liste rosse e tutela della biodiversità
Nella tab. n. 3 sono elencate le specie con i loro livelli di rischio di estinzione, dalla cui analisi si è ricavata la tab. n. 5:

Le specie maggiormente minacciate a livello locale sono: Erigeron alpinus, Leon- topodium alpinum, Persicaria minor, Pinguicola alpina, Primula auricula, Saxifraga burseriana, Saxifraga petraea, Sedum hispanicum e Veronica montana.
Complessivamente quindi (per una minima superficie indagata, solo 1569 m²) questo habitat presenta numerose specie a rischio ed è quindi di elevato pregio naturalistico. Nonostante la sua piccolissima estensione, questa flora azonale va protetta e salvaguardata.
Briofite
Materiali e metodi
Tutte le briofite presenti nelle aree di saggio sono state campionate; la determi- nazione delle specie è stata fatta da Silvio Scortegagna. Per tale determinazione sono stati utilizzati un microscopio e uno stereomicroscopio (Ziel), numerosi testi (ATHERTON et al., 2010; CASAS et al., 2009; CORTINI PEDROTTI, 2001; CORTINI PEDROTTI, 2005; FRAHM et al., 2004; FREY et al., 2006; PATON, 1999; SMITH, 1990; SMITH, 2010) e il sito https://www.britishbryologicalsociety.org.uk
Per la nomenclatura si è seguito ALEFFI (2020), da cui si è anche ricavata la pre- senza delle varie specie in Veneto e in Friuli Venezia Giulia.
Liste rosse e tutela della biodiversità
Per le Briofite si è consultata la Lista Rossa Italiana (ROSSI et al., 2013) e, non essendoci una lista rossa per le Briofite del Veneto, si è utilizzata quella di una regione vicina che la possedesse e cioè la Lista Rossa delle Briofite del Trentino (CORTINI PEDROTTI et al., 2011).
Risultati
Le 69 specie di briofite censite sono elencate in ordine alfabetico (prima i 64 muschi poi le 5 epatiche) nella seguente tabella:
Tab. 6. Check-list della flora briofitica censita.
Legenda:
x = presente
NT = quasi minacciata
EN = minacciata
○ = dato basato su raccolte pubblicate prima del 1968
● = dato basato su raccolte pubblicate durante o dopo il 1968
Il fatto che le briofite si adattino abbastanza bene a crescere su substrati rocciosi è testimoniato dalle numerose specie rilevate su una superfice di soli 1569 m². Tra i muschi i generi tipici delle rocce sono per es. Grimmia, Schistidium e Tortella. A seconda del modo con cui i muschi prendono contatto con la parete rocciosa (dai dati raccolti in campo, annotazioni, foto), sono emerse le seguenti modalità:
- specie che si attaccano strettamente alla roccia compatta come Orthotrichum anomalum e Schistidium crassipilum;
- specie che si sviluppano in fessure, anche sottili, dentro la roccia come Didymo- don rigidulus, Entodon concinnus, Homalothecium lutescens e Syntrichia ruralis;
- specie che si fissano nel debole substrato di materiale detritico che si deposita sui piccoli ripiani della parete come Ctenidium molluscum e Flexitrichum gracile.
Spesso però la stessa specie era presente anche in più di una delle modalità sopra descritte, dimostrando una estrema versatilità alle diverse condizioni ambientali. Vista la poca disponibilità d’acqua, i muschi assumono spesso la caratteristica forma a cuscinetto denso, come per es. Grimmia pulvinata e Bryum argenteum, sia per limitare le perdite di acqua che per proteggere le parti interne dall’eccessivo calore. Altri invece, come Syntrichia ruralis, grazie alle parti apicali morte delle foglioline (di colore biancastro), riflettono i raggi luminosi e contribuiscono a limitare le perdite di acqua durante il processo respiratorio.
Dalle osservazioni fatte in loco è emerso che i muschi rupicoli tendono per lo più ad aggregarsi in comunità esclusivamente muscinali, ma, a volte, formano bellissime associazioni con Asplenium ruta-muraria, Asplenium trichomanes, Asplenium viride, Cerastium arvense e varie specie di Saxifraga e di Sedum.
Dal punto di vista quantitativo, le coperture superficiali delle briofite sono sem- pre state molto basse, quasi sempre inferiori all’1%, salvo, a volte, raggiungere valori compresi tra l’1-20% come nel caso di Ctenidium molluscum, Flexitrichum flexicaule, Homalothecium lutescens, Schistidium crassipilum e Tortella tortuosa (quest’ultima è la specie che più spesso ha raggiunto coperture tra 1-20%).

(foto P. De Conti)

(foto V. Borsato)

(foto V. Borsato)

(foto P. De Conti)

(foto V. Borsato)

Col dei S’cios
(foto V. B.orsato)
Tra le specie maggiormente presenti (con % di presenza nelle aree di saggio maggiori del 50%) ci sono: Ctenidium molluscum, Homalothecium lutescens, Schistidium crassipilum e Tortella tortuosa (quest’ultima specie è la più frequente, presente nell’86% delle aree di saggio).
Tortella tortuosa quindi rappresenta la specie più diffusa dal punto di vista quantitativo e anche la più “cosmopolita”, cioè capace di adattarsi a quasi tutte le morfologie di affioramenti rocciosi! Le specie che compaiono in tutte e cinque le località sono solo due: Abietinella abietina e Schistidium crassipilum.
Per la presenza nelle varie regioni italiane, i dati sono desunti da ALEFFI (2020); sono stati considerati Veneto, Friuli Venezia Giulia e il totale delle regioni d’Italia. I risultati più interessanti riguardano:
- Bryoerythrophyllum rubrum che in Italia è presente solo in Veneto (in FVG le ultime segnalazioni risalgono a prima del 1968). Durante questa ricerca è stato raccolto un solo esemplare (copertura <1%) sulle pendici del M. Pizzoc, su una paretina inclinata di circa 80° esposta a W, abbastanza ombreggiata e fresca, a quota 1247 m s.l.m.;
- Grimmia pulvinata, la cui presenza in Veneto è testimoniata solo fino al 1968, è stata rinvenuta sia sul M. Pizzoc che a Mezzomiglio, per un totale di 4 campioni, tutti con copertura < 1%. Sul M. Pizzoc sono stati raccolti 3 esemplari: 2 su blocchi rocciosi calcarei del carsismo a blocchi, esposti verso tutte le direzioni, a quote 1208 m e 1428 m s.l.m.; 1 su una paretina verticale esposta ad E, a 1220 m s.l.m.. A Mezzomiglio è stata fatta una sola raccolta su una paretina verticale, esposta ad E, a 1311 m s.l.m..
Per quanto riguarda le epatiche, le specie rilevate sono state censite in fessure o in superfici ombreggiate, con un certo grado di umidità, esclusivamente sul M. Pizzoc, mentre nelle altre quattro località non sono mai state rilevate.
Liste rosse e tutela della biodiversità
Nessuna delle specie censite rientra nella Lista Rossa della Flora Italiana (ROSSI et al., 2013), nel settore dedicato alle briofite. Invece sono riportati i livelli di rischio di estinzione presenti nella Lista rossa delle Briofite del Trentino (CORTINI PEDROTTI et al., 2011), nella quale risultano “quasi minacciate” e “minacciate” Bryoerythrophyllum rubrum, Flexitrichum gracile, Hydrogonium croceum, Thui- dium assimile, Cololejeunea calcarea e Scapania cuspiduligera.
Licheni
Materiali e metodi
Nelle aree di saggio sono stati raccolti per lo più i macrolicheni, facilmente asporta- bili dal substrato. Inizialmente la ricerca non comprendeva queste entità, poi invece si è deciso di non trascurare questo aspetto della biodiversità. I campioni sono stati per lo più determinati da Marilena Dalle Vedove e in parte da Giovanni Caniglia. Per la determinazione delle raccolte sono state effettuate osservazioni allo ste- reomicroscopio e al microscopio biologico; in alcuni casi sono stati effettuati semplici test chimici con i reagenti idrossido di potassio e ipoclorito di sodio. Per l’identificazione delle specie licheniche sono state consultate le chiavi analitiche CLAUZADE et al. (1985) e NIMIS (1987) integrando le informazioni con alcune chiavi specifiche per i generi Caloplaca (NIMIS, 1992), Lecanora (NIMIS et al., 1993) e Peltigera (BENESPERI et al., 2012).
La nomenclatura è stata aggiornata secondo la checklist dei licheni italiani (NIMIS, 2016) disponibile in rete su ITALIC 6.0 – The Information System on Italian Lichens (NIMIS et al., 2020). Da NIMIS (2016), per ciascuna specie, è stato pos- sibile ricavare informazioni relative a: forma di crescita, substrato, fotobionte, strategia riproduttiva ed indici ecologici (pH del substrato, radiazione solare, xerotrofismo, eutrofizzazione, paleotolleranza).
Liste rosse e tutela della biodiversità
Le Liste Rosse regionali e quella nazionale dei licheni sono disponibili su ITALIC 6.0 – The Information System on Italian Lichens (NIMIS et al., 2020).
Risultati
Le 21 specie di licheni censite sono riportate in ordine alfabetico nella seguente tabella:
Tab. 7. Check-list della flora lichenica censita.
Legenda:
Cr = lichene crostoso
Fol = lichene folioso
Frut = lichene fruticoso
Lepr = lichene leproso
Sq = lichene squamuloso
Ch = alghe verdi diverse da Trentepohlia
Cy = cianobetteri,
S = riproduzione sessuata mediante spore
A.f = riproduzione asessuata tramite frammentazione del tallo
A.i = riproduzione asessuata tramite isidi
A.s = riproduzione asessuata con soredi
Epiph = corteccia,
Sax = roccia
Lign = legno
Terr = suolo, muschi terricoli, detriti vegetali
pH1 = molto acido
pH2 = acido
pH3 = subacido-subneutro
pH4 = lievemente basico
pH5 = basico
L1 = siti molto ombreggiati
L2 = siti ombreggiati
L3 = siti ben illuminati di luce diffusa, ma con poca luce diretta
L4 = siti esposti alla luce del sole, ma non in condizioni di irraggiamento estremo
L5 = siti con radiazione diretta molto elevata
X1 = siti molto umidi
X2 = siti umidi
X3 = siti con condizioni intermedie
X4 = siti xerici
X5 = siti molto xerici
E1 = eutrofizzazione assente
E2 = eutrofizzazione molto debole
E3 = eutrofizzazione debole
E4 = eutrofizzazione abbastanza elevata
E5 = eutrofizzazione molto elevata
PT3 = specie presenti anche in aree fortemente disturbate
PT2 = specie presenti in aree moderatamente disturbate
PT1 = specie maggiormente presenti in habitat naturali o seminaturali
PT0 = specie che si trovano su vecchi alberi in foreste antiche e indisturbate
Di seguito vengono descritte alcune caratteristiche delle comunità licheniche studiate. Questi licheni sono stati ritrovati:
- in associazione con vegetali (muschi, Sedum, Asplenium di varie specie) come Peltigera polydactylon e Cladonia pyxidata, in fessure o piccoli ripiani, su ter- riccio e detriti vegetali;
- in fitocenosi chiuse, in cui sono presenti individui appartenenti a una sola specie, come Dermatocarpon miniatum (in fessure della roccia), Flavoplaca oasis e Lobothallia radiosa (specie epilitiche, ancorate molto saldamente alla superficie rocciosa con il fitto intrico delle loro rizine);
- in genere con coperture molto basse, minori 1%, a parte per es. Squamarina cartilaginea che, sia in Pizzoc che in Cansiglio, spesso presenta coperture tra 1-20%;
- soprattutto negli affioramenti con elevate inclinazioni, mentre in Pian delle Lastre, dove le rocce sono pressoché orizzontali, la loro presenza è scarsa. In questa località sono presenti due dei tre licheni crostosi censiti.
Il 38% delle specie ha tallo folioso, meno frequenti sono i licheni a tallo fruticoso (24%), squamuloso (19%), crostoso (14%) e leproso (5%).
Il substrato tipico di questi licheni è composto soprattutto da terriccio e roccia, anche se solo il 24% è esclusivamente litofilo.
Il fotobionte è un’alga verde non trentepohlioide nel 76% delle specie e nel 24% è invece un cianobatterio. Trentepohlia è dunque assente in tutte le specie censite, ed è comunque scarsamente presente in tutta la flora lichenica alpina. Negli ambienti alpini la flessione di Trentepohlia è dovuta al fatto che le alghe di questo genere sono maggiormente centrate nelle regioni tropicali, dove entrano come fotobionte in gran parte delle specie licheniche (NIMIS, 1997).
L’ 81% delle specie si riproduce mediante spore; meno diffusi sono i licheni che utilizzano strategie di dispersione vegetativa (9% soredi, 5% isidi) e solo una specie si riproduce mediante vera e propria frammentazione del tallo: Cetraria islandica. Per quanto riguarda gli indicatori ecologici:
- 13 specie hanno indicatore di pH tra 3 e 5, in conformità con il substrato di colonizzazione costituito da calcari. Le specie che hanno questo indicatore inferiore, molto probabilmente sono insediate su detriti vegetali di varia natura e in vari stati di decomposizione;
- 19 specie hanno indicatore di radiazione solare (fotofitismo) tra 3 e 5, che ben esprime la condizione di ottima illuminazione di questi affioramenti rocciosi all’interno delle praterie;
- la maggior parte delle specie ha indicatore di xerofitismo 3-4, che indica una situazione di aridità leggermente maggiore rispetto alle condizioni mesofile delle praterie circostanti, specie nell’Altopiano del Cansiglio. Le specie igrofile corrispondono a quelle trovate nelle fessure più profonde assieme a muschi, dove si conserva un certo grado di umidità;
- 16 specie hanno indicatore di eutrofizzazione compreso tra 1 e 3, prediligendo ambienti con scarso apporto di nutrienti. Solo quattro sono le specie di ambienti eutrofizzati, relegate nelle fessure dove la formazione di humus e quindi di nutrienti è attiva da tempo;
- per quanto riguarda l’indicatore di poleotolleranza: sei specie sono tipiche di habitat naturali e seminaturali, nove specie indicano habitat da naturali a moderatamente disturbati, cinque specie sono “cosmopolite” nel senso che possono vivere sia in aree fortemente antropizzate come in aree naturali.
Liste rosse e tutela della biodiversità
Nessuno dei licheni censiti rientra nella lista rossa dei licheni del Veneto e d’Italia presente in ITALIC 6.0 – The Information System on Italian Lichens (NIMIS et al., 2020). Se ne deduce perciò che la flora lichenica non presenta elementi di particolare rarità.
Macromiceti
(a cura di Enrico Bizio)
Materiali e metodi
Durante i campionamenti floristici delle roccette nell’area del Cansiglio-Pizzoc, eseguiti tra il 2016 e il 2021 nei mesi compresi tra giugno e novembre, ci si è oc- casionalmente imbattuti in un certo numero di macromiceti (43). I corpi fruttiferi rilevati sono stati fotografati in ambiente con fotocamera digitale e identificati prevalentemente dopo essiccazione sulla base di rilievi macro e micromorfologici, organolettici ed ecologici. Per le osservazioni microscopiche è stato utilizzato un microscopio binoculare WILD M11 montante ottiche Leitz-Zeiss. I preparati sono stati montati in acqua distillata, blu cotone (per evidenziare l’eventuale cianofilia), blu di cresile (per la verifica della metacromasia), carminio acetico (per contrastare le granulazioni siderofile), KOH al 5%, reagente di Melzer (per evidenziare l’eventuale amiloidia/destrinoidia), rosso Congo anionico, rosso Congo ammoniacale al 20% (per l’allestimento della maggior parte dei preparati istologici).
Per la nomenclatura si è fatto riferimento al “Code of Nomenclature for algae, fungi, and plants” adottato nel Congresso di Shenzhen del 2018 (https://www. iapt-taxon.org/nomen/main.php); per l’indicazione del nome corrente si è uti- lizzato l’Index Fungorum (http://www.indexfungorum.org/names/names.asp), salvo diverso avviso da parte nostra. Per il riconoscimento delle specie fungine è stata consultata la letteratura specializzata nello studio dei funghi del piano montano, dell’Arco Alpino (BREITEMBACH et al., 1986, 1991, 1995, 2000), dell’e- misfero boreale, del Nord Europa (KNUDSEN et al., 2012), oltre alle più rilevanti opere di carattere monografico (qui non specificate).
I campioni essiccati sono conservati negli erbari personali degli autori (V.B.)
Risultati
I 43 campioni di macromiceti ci hanno permesso di compilare un primo elenco di specie fungine (n° 23) crescenti sulla cotica erbosa in contatto con la matrice calcarea; due esemplari sono rimasti inclassificati. La tabella seguente riporta, oltre al nome attuale delle specie (in ordine alfabetico) e degli autori, la località di ritrovamento, il numero delle segnalazioni, nonché le date di rilevamento: Per quanto riguarda l’appartenenza ai rispettivi gruppi trofici e tassonomici, i macromiceti rinvenuti sugli affioramenti rocciosi dell’area di studio si sono dimo- strati assai monotoni; per questo motivo non abbiamo ritenuto utile riportarne il dettaglio in tabella. Basterà dire che tutte le specie sono praticole, nascono sul terreno nudo o nell’erba, dove sono specializzate nel ruolo di saprotrofi (bio- degradatori delle sostanze organiche, per lo più detriti vegetali, contenute nel terreno). Per questo motivo, i “funghi delle roccette” non tanto fanno riferimento alla natura della roccia sottostante, quanto invece alla vegetazione, essenzialmente basifila, che su questa si produce. In questo contesto si sono dimostrati numerosi i “Gasteromiceti”, noti con il nome comune di “vesce”: in realtà si tratta di un raggruppamento artificioso, dall’assetto tassonomico ancora alquanto incerto. Inoltre, tutte le specie rinvenute in questa ricerca appartengono al Phylum Basi- diomycota (basidiomiceti) non essendo finora rilevato alcun carpoforo ascrivibile al gruppo sistematico degli Ascomycota (ascomiceti).
Tab. 8. Check list dei macromiceti censiti.
Gasteropodi
Materiali e metodi
Durante i rilievi floristici è risultato evidente che una componente abbondante della biodiversità, nelle aree di saggio, era data dai gasteropodi terrestri. Trala- sciarli significava ignorare un aspetto importante e quindi si è deciso di procedere al campionamento, anche perché si era in contatto con Ivano Niero, che si è reso disponibile alla loro determinazione. Le raccolte hanno compreso solo conchiglie vuote, non individui vivi. L’abbondanza di specie legate alle rocce calcaree rende plausibile la loro derivazione dalla biocenosi locale. Inoltre si sottolinea il fatto che non sono stati trovati molluschi privi di conchiglia, quindi non abbiamo dati a riguardo. Per le determinazioni delle specie sono stati utilizzati numerosi testi italiani e stranieri (qui non specificati), tra cui alcuni lavori sulla malacofauna della provincia di Belluno: DALFREDDO et al., 2000; DALFREDDO, 2004a; DALFREDDO, 2004b; DALFREDDO, 2007a; DALFREDDO, 2007b; MARCUZZI, 2003.
Per la nomenclatura si è fatto riferimento al database MOLLUSCABASE (2022). Per Petasina lurida invece si è utilizzata la “Checklist of the Italian fauna”, versione 2.0 (https://www.faunaitalia.it).
Per ogni specie viene riportata la categoria di rischio presente nella lista rossa europea dei molluschi terrestri (NEUBERT et al., 2019).
Risultati
Nel corso della ricerca sono state raccolte 19 specie di Molluschi Gasteropodi terrestri, riportati nella tabella n° 9.
Tutti i gusci di questi Gasteropodi sono stati trovati su rocce a matrice calcarea, sia su superfici esposte che in zone più in ombra, soprattutto nelle fessure /spac- cature e tra i muschi e i licheni, a volte in gruppi anche numerosi. Le conchiglie (costruite con i sali derivanti dalla dissoluzione della roccia calcarea), hanno per lo più colorazioni chiare, grigiastre, giallastre, rosate e alcune di esse presentano costolature: queste sono modalità di xeroresistenza, adottate dal mollusco per contrastare l’eccessiva insolazione e riflettere i raggi solari. Nei Gasteropodi Prosobranchi più primitivi la difesa contro la disidratazione viene attuata anche grazie alla presenza dell’opercolo (DALFREDDO, 2004b). Tutte le conchiglie, eccetto quelle di Helix pomatia, sono di piccole dimensioni. Tra i Gasteropodi Prosobranchi sono stati rinvenuti tipici rupicoli come Cochlostoma henricae henricae, Cochlostoma philippianum, Cochlostoma septemspirale septemspirale, tutti con conchiglie coniche di dimensioni di circa 1 cm. Tutti gli altri molluschi (16 specie) appartengono ai Polmonati Stilommatofori (https://www.molluscabase. org). Aegopis gemonensis è una specie troglofila, Aegopinella forcati fa parte delle specie carnivore mentre Petasina lurida ha la conchiglia rivestita da fitte setole. Le conchiglie più grandi sono quelle di specie vegetariane non tipicamente rupicole (Helix pomatia e Cepaea nemoralis), ma che si avventurano in questi ambienti per trovare cibo tra i vegetali disponibili.
Dalla tabella risulta che ben 14 specie su 19 sono presenti nella lista rossa eu- ropea, tutte a minor rischio, salvo Chondrula tridens che è quasi minacciata. Helix pomatia è presente anche nelle checklist della convenzione di Ginevra e in Direttiva Habitat.
Tab. 9. Checklist dei Molluschi Gasteropodi terrestri censiti.
Legenda:
P = prosobranchi
S = polmonati stilommatofori
LC = a minor rischio
NT = quasi minacciata.


M. Pizzoc (foto V. Borsato)

(foto V. Borsato)


(foto V. Borsato)

(foto V. Borsato)
Habitat Natura 2000

Per l’attribuzione dell’habitat (e dei codici) sono stati utilizzati il Manuale Italiano di interpretazione degli Habitat (CEE, 1992) e “Habitat natura 2000 in Trentino” (LASEN, 2006). L’habitat degli affioramenti rocciosi considerati in questa ricerca è ascrivibile all’habitat Natura 2000 “Pareti rocciose calcaree con vegetazione casmofitica” 8210. Da queste fonti si riporta quanto segue:
Regione biogeografica di appartenenza
Continentale, Alpina e Mediterranea
Frase diagnostica dell’habitat in Italia
Comunità casmofitiche delle rocce carbonatiche, dal livello del mare nelle regioni mediterranee a quello cacuminale nell’arco alpino.
Combinazione fisionomica di riferimento
Il sottotipo 62.15 e 62.1B è caratterizzato dalle seguenti specie: Asplenium ru- ta-muraria, Asplenium trichomanes, Asplenium viride, Carex mucronata, Cystop- teris fragilis, Dryopteris villarii, Festuca stenantha, Kernera saxatilis, Paederota bonarota, Potentilla caulescens, Primula auricula, Rhamnus pumila, Rhodothamnus chamaecistus, Saxifraga burseriana, Saxifraga crustata, Saxifraga hostii, Saxifraga pe- traea, Saxifraga squarrosa, Sedum hispanicum, Silene saxifraga, Valeriana saxatilis.
Distribuzione nell’area di studio
Habitat molto rappresentato per numero di siti, anche se non per superficie.
Dinamismo naturale
Le comunità rupicole sono pioniere ma tra le più stabili, considerando che le possibilità evolutive del suolo restano ridottissime (LASEN, 2006).
Note ed osservazioni
La vegetazione casmofitica delle pareti calcaree ospita numerosi endemismi e offre aspetti estetici di elevato pregio.
Vulnerabilità e aspetti gestionali
Le pareti rocciose, ove si escluda la distruzione diretta per migliorare la viabilità, sono poco vulnerabili e non necessitano interventi gestionali per il mantenimen- to delle comunità vegetali che le colonizzano. Il collezionismo e il commercio di essicata o di specie rare da raccogliere per giardini rocciosi sono fenomeni pericolosi da monitorare con attenzione (LASEN, 2006)
Conclusioni
Le comunità casmofitiche studiate sono una espressione azonale delle circostanti associazioni zonali prative, e nonostante la piccola estensione (sono stati campio- nati in totale 1569 m² di superficie) presentano una grande varietà di forme e di gruppi sistematici: piante vascolari, briofite, licheni, macromiceti e gasteropodi. Le numerose specie vegetali e licheniche che colonizzano stabilmente la roccia occupano microambienti loro propri, a volte contraendo con essa un rapporto molto “profondo”, occupando fessure, pulvini, piccole sporgenze e facendo penetrare le loro parti sotterranee in ogni minuscolo spazio interno disponibile. L’esiguità delle superfici disponibili ha comunque fatto registrare la seguente biodiversità, calcolata in modo quantitativo per ogni località e nel totale dell’area di studio (Tab. 11):

In una superficie (1569 m ²) poco più grande del terreno di gioco di 2 campi da calcio sono state censite in tutto 311 specie diverse, con una densità media di 5 specie diverse/m².
Come ci si poteva aspettare, la biodiversità è maggiore dove ci sono più aree di saggio e dove le tipologie di affioramenti rocciosi sono più varie (M. Pizzoc e Altopiano del Cansiglio), è minore dove la località è poco estesa e quindi il numero di aree di saggio disponibili è ridotto (Mezzomiglio, Pian delle Lastre, Col dei S’cios).
Da punto di vista qualitativo, l’elevata presenza di endemiti fa di questi habitat rupestri delle aree di elevato valore conservazionistico. Essendo dunque ambienti poco soggetti a fenomeni di dinamismo, è possibile pensare e sperare che il trend continui e che essi continuino a rappresentare delle vere e proprie “isole” di biodiversità, sia “passata” che attuale.
Ringraziamenti
Un grazie riconoscente a tutti gli specialisti che hanno contribuito alla determinazione dei campioni: Enrico Bizio, Giovanni Caniglia, Marilena Dalle Vedove, Ivano Niero, Giovanni Roffarè, Silvio Scortegagna. Grazie anche per l’aiuto nella lettura critica di alcune parti ad Alessandro Minelli e a Lorenzo Semeia. Grazie a Giulia De Conti per la rielaborazione cartografica. Si ringrazia Veneto Agricoltura per il permesso di raccolta campioni e di viabilità nelle aree di sua competenza.
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Allegato. 1.
Aree di saggio: codici, altitudine, esposizione, coordinate geografiche e superficie.
